Spetteguless intervista Romina Falconi – sogno Sanremo con Immanuel Casto (e noi con lei)

Condividi

– Partiamo dalla stretta attualità Romina. Lo scorso fine settimana hai partecipato alla prima edizione dell’EXPO Turismo Gay, nella gay street capitolina. Cosa significa per te il pubblico omosessuale? Perché eri lì, quale atmosfera hai toccato con mano? Credi che questo Paese riuscirà prima o poi a ‘raggiungere’ quella civiltà e quella parità di diritti che da tempo caratterizzano tante altre società di stampo occidentale?
Ho cantato di fronte a tantissima gente nella gay street ed è stato bellissimo. Forse uno degli show che ricorderò con più affetto.
Sorrido mentre ti rispondo a “Cosa significa per te il pubblico omosessuale” perchè è uno di quei momenti dove mi rendo conto che ogni piccolo tassello, bello o brutto della mia vita è servito a permettermi di vivere quel che sto vivendo. Dicevo sorrido perchè mi sento come il protagonista di “The Milionaire”, il ragazzo che rivive tutto il suo passato.
Avevo 12 anni, vivevo a TorpignaCity e avevo il cuore sventrato per la perdita di mio fratello in un incidente. Stavo frequentando volutamente (con il nichilismo e l’arroganza folle che può seguire un dolore) cattive compagnie perchè mi dicevo ”peggio de così…” Mi ha salvata mia madre e Gio’, una transgender vicina di casa che chiamavo la mia “mamma col distintivo”. Sono cresciuta con una trans che mi ha accompagnato per tutta l’adolescenza, ero ogni giorno a casa sua, a vivere il suo percorso e a nutrirmi della sua storia. Io ero una ragazzina che superava il dolore piano piano con una che era più donna di me, una che ne aveva viste di tutti i colori e che mi ha insegnato a lottare contro tutto e tutti perchè “sì, ti possono togliere tutto al mondo, tranne quello che sai fare, il segno che puoi lasciare”. Ho visto Giò durante gli ormoni, durante gli insulti che riceveva per strada, ho visto la sua famiglia abbandonarla e poi riprenderla. Amava cantare la lirica ed era un mezzo soprano naturale, cantavo con lei. Mi insegnava a stare sui tacchi, mi insegnava a mettere la maschera giusta di questo strano gioco di ruoli che avvolge l’umanità da secoli, mi diceva che bisogna almeno mascherarsi da persone “forti”, perchè lì fuori il mondo era tosto. Ho imparato a truccarmi grazie a lei, aveva il soggiorno pieno di abiti di piume, aveva me che rappresentavo la sua storia che sarebbe andata avanti anche senza di lei, la figlia che non aveva mai potuto avere. Sono arrivata a Sanremo e subito dopo sono stata invitata ai vari gaypride, poi a cantare il mio inedito al Muccassassina a Roma. E’ un cerchio che si chiude, continuo a cantare per quel pubblico che ancora mi fa sentire comoda come in quei 40 mq con le piume dentro. Mi fa sorridere la gente che crede di poter scegliere il proprio pubblico, è esattamente il contrario. Se sono teatrale, e se canto e scrivo così è solo grazie a Gio’. Il pubblico che mi fa l’applauso me la ricorda continuamente. Riusciremo a combattere l’omofobia vaccona e riusciremo TUTTI a vivere dignitosamente e liberamente. Siamo indietro rispetto a tanti paesi ma il cambiamento è inevitabile.

– Da poche settimane è uscito ‘Attraverso’, tuo secondo EP dell’originale trilogia “Certi sogni si fanno Attraverso Un filo d’odio”. Cosa c’è di nuovo e di diverso rispetto al primo e quanto dovremo attendere per poter ascoltare l’ultima parte? Dove e quando è nata l’intrigante idea di una ‘trilogia’?
L’idea della trilogia nasce dall’urgenza di presentarmi per quella che sono. Vengo da anni di contratti con case discografiche dai nomi altisonanti e quando il tuo potere di mercato potrebbe essere dieci come zero ti ritrovi con persone intorno che cercano di fare dei veri e propri esperimenti. Ho fatto una scelta rischiosa ma preferivo non esserci piuttosto che sembrare la brutta copia di qualche cantante che esiste già. Dopo mesi in studio con Filippo Fornaciari ho trovato una soluzione che permettesse ai miei testi grotteschi e un pelino schietti e agli arrangiamenti moderni di sposarsi in un modo che reputavo giusto. Sono riuscita ad essere me stessa. Io non so essere impomatata, esco di casa con la piega perfetta e con le “ciavatte” ancora ai piedi, è giusto presentarmi per quella che sono. Quando ci siamo accorti che era una strada particolare ho pensato che anche il modo di presentarmi doveva essere tale. Far vivere tutto pian piano, curare bene tutte le idee per i video. Nel primo Ep ho presentato me e la mia musica con cose estreme (per far vedere subito la tendenza); con “attraverso”, il secondo ep ho cercato di mostrare come reagisco a sentimenti più comuni, parlando di storie che suonano familiari a tutti noi, mi sono spogliata un po’ di più. Nel terzo ep (uscirà a settembre) presenterò la parte politicamente scorretta dei miei segreti e pensieri, lo farò mescolando melodie vintage con dubstep ed elettronica, sarà il rischio più grande, a quel punto sarà come mettermi completamente nuda, simbolicamente.

– All’interno di ‘Attraverso’ c’è anche un brano cantato con Immanuel Casto, cantante di culto della comunità LGBT con cui avevi in passato già collaborato. Quale rapporto si è instaurato nel tempo, tra di voi? Cosa è e chi è per te Immanuel Casto?
Immanuel Casto è l’artista con il quale sento di poter osare di più. E’ l’uomo più elegante che abbia mai incontrato in vita mia. Nella vita si muove e parla come un principe. Il nostro terzo duetto, “Eyeliner” (brano dedicato alla mia Giò) è stato arricchito tantissimo dalla sua voce. E’ uno dei testi a cui sono più legata perchè parla di chi non si sente ne’ carne e ne pesce, chi deve rinascere e chi ha una doppia vita. Dopo tante sconfitte non ti può far male quasi nulla. Gireremo un video la cui sceneggiatura è già uno spettacolo. Lo ringrazierò sempre per quello che costruisce con me. Non ha paura di niente e a volte lo guardo imbambolata come la peggiore Bridget Jones. Siamo diventati amici nel frattempo e io adoro chiamarlo il mio ALBANO. L’incontro con Il Casto è stata l’esperienza artistica più interessante di tutte.

– Il tuo percorso professionale è stato paradossalmente ‘inverso’ a quello che negli ultimi anni hanno vissuto diversi cantanti da ‘talent’. Tu hai prima partecipato a Sanremo e solo dopo ad X-Factor. All’Ariston nel 2007 nella Sezione Giovani con il brano “Ama” e in squadra con Morgan 5 anni dopo, nel 2012. Cosa ti è rimasto di queste due esperienze. Potendo tornare indietro le rifaresti entrambe, in quel preciso momento della tua carriera e nel modo in cui l’hai vissute o preferiresti ‘cambiare’?
Sono molto contenta di aver fatto il percorso inverso. Mi sento molto fortunata perchè chi va ad un talent e non arriva primo si ritrova marchiato negli anni a seguire. Sono entrata ad X Factor con la voglia di cominciare da zero e molto spesso mi sono trovata dentro quel loft con persone (non tutte) che credevano di essere arrivate chissà dove. E come biasimarli? Non è un mondo reale quello che accende tutto ad un tratto i riflettori su persone che fino al giorno prima non sapevano neanche cosa fossero i riflettori. Fare il percorso inverso mi a permesso di non dare per scontato nulla e di avere i piedi saldi a terra. Una canzone non è un pacchetto di patatine. Bisogna studiare e farsi un mazzo (vorrei tantissimo dire culo) esagerato. Quanti cantanti hanno fatto il boom dalla prima canzone e sono rimasti fortissimi a vita? Pochi. Il talent è una bella vetrina che ti mette in bella mostra ma la vita vera è un’altra.

– Romana di Roma quartiere Torpignattara, proprio come me ad un certo punto della tua esistenza hai preso e ti sei trasferita a Milano. Vogliamo sfatare qualche luogo comune che abbraccia sia l’una che l’altra città? Cosa ti manca della Capitale e cosa ti ‘lega’ alla ‘bella madunnina’?
Sia Roma che Milano sanno accogliere tutti. Di Milano non si dice spesso ma è molto materna e aperta. Roma rappresenta le radici, è la mia mamma Roma, le battute da balcone a balcone con le matrone romane, il prendersi in giro e le riposte pronte e sempre comiche. “hai mangiato? Te preparo qualcosa?”
Milano rappresenta la mia indipendenza, mi ricorda ogni giorno di lottare ferocemente per avere un mio piccolo spazio nel mondo che ho scelto. E’ come voler andare in America e “cercare fortuna”, la mia musica e le persone con le quali lavoro.

– Sanremo. Romina Falconi feat. Immanuel Casto sul palco dell’Ariston. Insieme. In coppia. A terremotare il Festival. Vedremo mai cotanto annunciato spettacolo?
Grazie, Fede.
Apo ho i brividi, sei l’unico che ha pensato a questa cosa oltre me e chi lavora con me. Voglio proporre ad Immanuel il Festival. Vorrei presentare, se il mio “Albano” è d’accordo, un brano che sia forte nei contenuti ed originale nell’arrangiamento. Te lo dico fin da adesso: se dovesse concretizzarsi questo desiderio io ti voglio a Sanremo con noi a testimoniare le mie espressioni da Bridget Jones e l’eleganza del Casto Divo.

No dico, l’avete letto tutti? Stampato su pietra. E grazie mille Romina.

Autore

Articoli correlati

Impostazioni privacy