Marco Mengoni vs. Governo Meloni: “Anacronistico sui diritti, non mi piace, mi fa paura”

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“Era la bandiera dell’inclusività totale, quella contro tutte le discriminazioni. In Italia vedo tante cose che non sto capendo perché, nel 2023, mi sembrano anacronistiche. Non è un mio voler andare contro, ma un voler capire cosa accade. Credo che l’inclusività e le minoranze siano parte integrante della società. Un po’ mi fa paura, ma non sono solo visto che lo ha detto anche un capo di governo oltreoceano. Ci sono azioni che vedo e pensieri che sento che mi fanno venire voglia di urlare le mie idee anche a costo di ricevere i commenti negativi che ovviamente sono arrivati dopo quella bandiera. Anche se erano di più quelli positivi. La posizione del governo attuale non mi piace. Non mi piace usare la parola “fascismo”. Non sono d’accordo con quello che viene detto però. È un esercizio per richiamare qualcosa di dittatoriale? Oppure qualcosa per aprire un dibattito e confrontarsi? Certo che se fosse questa seconda opzione non mi sembrerebbe il modo più giusto. Vedo assolutismo, come se tutte queste persone non vivessero in strada o non andassero al supermercato a parlare con la gente. Come giudicare Cuba dalla camera di un cinque stelle. Io non ho assistenti che mi fanno tutto, non vivo nell’Olimpo dei cantanti: ho amici che fanno altro con i quali mi confronto”.

Così Marco Mengoni, nel lancio di Prisma, 3° e ultimo disco della sua annunciata trilogia, e a due settimane dalla finale Eurovosion in cui ha sventolato la Progress Pride, ha deciso di metterci la faccia, di utilizzare la propria voce, il proprio volto, esponendosi in prima persona al cospetto di un governo che sta trascinando l’Italia verso Polonia e Ungheria.
Per anni Marco non si era mai espresso, quasi su niente.
Ora è cresciuto, evidentemente maturato, è visibilmente più sereno e consapevole. Benvenuto Mengoni. Ce ne fossero altri 100 come lui, nell’attuale show business italico.

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