Aldo Busi contro Lucio Dalla: era un gay represso cattolico

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Conta di più la vita o l´opera? L´opera, se la vita ne è la superflua coerenza. Se la vita non è coerente con l´opera che produce, il dibattito resta aperto, ma non per me: non conta né l´una né l´altra, entrambe contano solo per l´occasione sprecata di farne tutt´uno. Quindi, via, giù nell´imbuto dell´oblio delle cose che ne nascondono troppe altre per non appartenere più alla fogna dell’arrivare con meno problemi al ventisette del proprio mese che al ruscello di acqua davvero sorgiva e ristoratrice in tutte le sue preziose molecole per l’umanità assetata. Un omosessuale non pubblicamente dichiarato che quindi se ne strafotta della morale sessuale cattolica, che mai nulla ha espresso contro l’omofobia di matrice clericale che impesta il suo Paese, che mai una volta ha preso posizione aperta per i diritti calpestati dei cittadini suoi simili di sventura politica e civile e razziale, un tipo così che, per esempio, scrive e canta il suo amore per una donna viene prima (per mediocrità di carattere, ipocrisia deliberata, amore del quieto vivere a discapito di chi lotta per i suoi stessi diritti da lui per primo negati) della bellezza o bruttezza della sua dedica impropriamente musicata. Non vedi l’omaggio alla donna, vedi la ridicola falsità e la necessità estetica per conto terzi che vi soggiace. Ho sempre pensato che Lucio Dalla fosse un checchesco buontempone, un chierichetto furbastro – le sue interviste sono un vero florilegio di banalità in ossequio alla morale comune e all’autorità costituita, alla maniera di Celentano, che a me non piace nemmeno quando canta – e non basta la morte per cancellare la magagna del gay represso cattolico (represso alla luce del sole, il che non ne inibisce certamente il godimento tra le tenebre della vita privata, anzi, le implementa, come ben si sa) che si permette tutte le scorciatoie di comodo (l’arte, il fine superiore e balle varie) pur di non prendere la strada maestra più sensata della basilare affermazione di sé, anche se più accidentata. Non so se le canzoni di Dalla sono belle o brutte, come ne sento l´attacco alla radio, spengo. In questo senso, è in buona compagnia, tutti di autorinnegati di successo. Ve la lascio tutta, o prefiche e sorcini degli scomparsi ad arte già in vita. Io, da parte mia, continuerò a pensare che i veri eroi di Bologna sono i famigliari delle vittime della Uno Bianca e della strage della stazione ferroviaria rimasta impunita, eroi silenziosi sempre più dimenticati, quasi rimossi, attorno a loro io non smetterò un istante di stringermi in un cordoglio senza fine, e purtroppo senza pace“.

Parole e pensieri di ALDO BUSI, come al suo solito straordinariamente controcorrente e con estremo coraggio polemico. Anche nel giorno dei funerali di Lucio Dalla, che hanno paralizzato Bologna e commosso l’Italia intera. Perché c’è la questione ‘omosessualità-Dalla’ che da giorni riempie pagine di giornali. Prima l’incredibile outing postumo del Tg de la7, poi i deliranti pezzi targati Pontifex, ed infine la clamorosa battaglia legale sui BENI del cantante, privo di figli, fratelli, sorelle, genitori o parenti stretti. In assenza di un TESTAMENTO tutto potrebbe finire in mano a lontanissimi cugini, ma certamente NON ad eventuali ‘conviventi’, tanto che alla fine potrebbe essere addirittura lo STATO a godere dei beni terreni del cantautore bolognese. In privato ‘libertino’, ma in pubblico ‘silente’, e con il fedele corista Marco Alemanno sempre al suo fianco. Tanto da ‘meritarsi’ l’attacco diretto e frontale di Aldo Busi. Probabilmente fuori luogo, vista la concomitanza dei funerali, ma nel suo complesso sinceramente condivisibile.

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