Imma Battaglia la butta in caciara: lettera a cuore aperto al mondo GLBTQ

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Probabilmente l’ha capito. Ha capito di aver veramente cagato fuori dal vasetto. Per l’ennesima volta. Perché nel difendere senza se e senza ma Gianni Alemanno, dopo l’aggressione ad Anna Paola Concia, sottolineando prima come Roma NON sia omofoba ma soprattutto come “non possiamo ritenere che una persona possa gestire Roma rimanendo isolata dalla dialettica politica nazionale e dal clima da stadio alimentato da grandi temi come l’omofobia“, Imma Battaglia è tornata a scrivere. Le sue memorie? No, una lettera a cuore aperto indirizzata all’intero mondo Glbtq. Una lettera dove Imma la butta semplicemente in caciara, dicendo TUTTO e NULLA. Io sono così, “indipendente, ribelle, insofferente alle ideologie e ai comportamenti di massa”, e dico sempre e solo il mio pensiero. Così sono e così mi dovete tenere, fa intendere la Battaglia, che si appella poi all’UNIONE del mondo omosex, dopo aver letteralmente SMEMBRATO il pride capitolino poco meno di 12 mesi fa. Non è il momento dei diritti, sembra quasi voler dire Imma, perché l’Italia e il mondo intero hanno altro a cui pensare, tra crisi economiche, guerre globali e disastri nucleari. Come se servissero chissà quali sfiancanti lavori parlamentari per approvare una legge contro l’omofobia, da mesi già BELLA CHE PRONTA. Come se l’attuale Governo stesse realmente lavorando PER superare la crisi e PER gli italiani, e non per il suo Premier, militarizzando il Parlamento che da UN ANNO è bloccato sui suoi processi. Eppure Imma chiede giustamemte LIBERTA’. Libertà di pensiero, di prendere parola, di esprimersi. Quella stessa LIBERTA’ che ovviamente fa sua e che noi, appartenenti COME LEI al mondo omosex, abbiamo, vogliamo, chiediamo e facciamo nostra nel dirle ADDIO, corri da sola per la tua strada e soprattutto staccati dal mondo dei DIRITTI glbtq, perché il tempo delle chiacchiere è finito. Perché le tue, di chiacchiere, sono ormai poco credibili, e ci hanno riccamente rotto i coglioni.

“Cari amici,

da quando Paola Concia è stata aggredita, sono riesplose le polemiche da parte di esponenti del movimento lgbt, alcune delle quali mi vedono protagonista. Non è nel mio stile fomentarle, quanto piuttosto chiarire pubblicamente la mia posizione affinché venga compresa, quando é evidente che viene contestata aprioristicamente e per motivi ideologici.

Io ho iniziato nel 1988 a conoscere il mondo gay, trovandomi catapultata in una realtà conformista, manichea, che ubbidisce a dinamiche molto lontane dal mio percorso e dal mio carattere: indipendente, ribelle, insofferente alle ideologie e ai comportamenti di massa, nella vita ho sempre cercato il mio pensiero, la mia critica, la mia idea. Continuo a farlo oggi, come presidente di DiGay Project e come attivista dei diritti civili. Credo fermamente – in questo istante come ieri, in tutte le battaglie che ho portato avanti con l’indipendenza del pensiero e del cuore – che la questione gay debba essere depurata dagli schieramenti ideologici, debba uscire dall’eterna e immutabile visione manichea che contrappone la destra e la sinistra italiane. Dobbiamo evolverci da questi perversi meccanismi che ostacolano il dialogo e il cammino dei diritti, soprattutto in una città come Roma. Con questi principi ho sempre portato avanto il mio pensiero e la mia azione politica liberale. Molto tempo fa io ho fatto una scelta di cui vado fiera. La scelta di restare in ascolto dell’altro, di tenere aperto il dialogo, di giudicare rinunciando a categorie aprioristiche, di mantenere viva la luce dell’indipendenza intellettuale. Cogito ergo sum. Seguo da sempre questa guida. Per questo non concedo a nessuno deleghe in bianco, né mi schiero abbracciando in toto un pensiero politico. Resto vigile e indipendente e ferma sulle questioni importanti. E – vi assicuro -saranno presto di ben diverso livello i drammi epocali su cui tutti saremo chiamati a confrontarci: una crisi economica, sociale e ambientale senza precedenti, di fronte alla quale le nostre battaglie appariranno quisquilie. Solo allora forse capiremo che é tempo di mettere da parte le ostilità e le polemiche sterili. Di ascoltarci e di capirci. Di venirci incontro. Di ricominciare a pensare con la nostra testa e non secondo i dettami mediatici. Di riscoprire insieme una parola che deve smettere di incuterci terrore. Che deve restituirci il valore e il senso della vita di relazione in un contesto sociale. Che ci sollevi dall’errore di discriminare gli altri in nome delle battaglie per i nostri diritti. Che ci affranchi dal materialismo sfrenato restituendoci ad una dimensione più umana.”

Quella parola si chiama libertà.

Imma Battaglia, presidente DiGay Project

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