Incredibile Vladimir Luxuria: a cena da Silvio Berlusconi ad Arcore

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La cena ad Arcore è il frutto di una decisione cotta e mangiata”. “Mi sento abbastanza spesso con Francesca e quindi lei sapeva che io oggi sarei stata a Milano per una diretta con radio Capital. Mi ha proposto questo incontro che ho accettato, quindi una macchina alle 20 mi preleverà per raggiungere Arcore”. “Come era già noto questo incontro era programmato, l’indecisione era solo se farlo a Palazzo Grazioli o a Milano“.

L’incredibile che diventa realtà.
Vladimir Luxuria, pochi anni fa parlamentare di Rifondazione Comunista e solo pochi mesi fa arrestata a Sochi per contestare l’omofobo Putin, che va ad Arcore, la casa dei festini e dei bunga bunga che più volte hanno accolto il dittatore russo, per una cena privata con Silvio Berlusconi e Francesca Pascale.
La piroetta politica che spiazza. Lei che è ormai diventata volto Mediaset dopo il Grande Fratello dello scorso anno. Lei che ha ceduto alle sirene di un vecchio incantatore di serpenti che per 20 anni ha annebbiato le teste degli italiani, inondandoli di menzogne, false promesse e barzellette. Il più delle volte omofobe.
Si fa fatica a digerire e a ‘capire’ una simile decisione di Vladimir. Perché Arcore è Arcore, e c’è chi come Matteo Renzi ancora paga quella lontana cena di qualche anno fa, quando era ancora Sindaco di Firenze. Certo è che la vicinanza con Imma Battaglia, avendo negli ultimi due anni ricoperto il ruolo di Art Director al Gay Village, sembrerebbe averla ‘influenzata’. E non poco. Tra piroette e discutibili scelte. Come se una cena con selfie potesse spalancare le porte a chissà quale trasversale maggioranza per approvare leggi a noi vicine. Come se i Gasparri, i Giovanardi e le Santanché potessero sparire dal giorno alla notte. Bisognerebbe a questo punto dividere una volta per tutte le ‘due Luxuria’. Quella televisiva, che in quanto dipendente Mediaset può andare dove vuole con chi sgancia l’euro sonante, e quella che ancora oggi parla a nome della comunità glbtq, chiedendo diritti e risonanza mediatica.  Senza avere però il diritto di farlo. Perché a casa di Silvio Berlusconi, Vladi mia, il 90% di noi gay pensanti e con una memoria storica ancora pulsante, non ci sarebbe mai andato neanche con una pistola puntata alla tempia. Si chiama coerenza, si chiama dignità, si chiama senso della realtà.

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