Omofobia e bullismo: se la scuola diventa un girone dantesco solo perché sei gay

Condividi

Si è ucciso per problemi in famiglia.
A scuola era assolutamente inserito.
Non era mai stato deriso dai compagni.
Il profilo FB in cui veniva preso in giro era stato da lui condiviso.
Nessun insegnante l’ha mai rimproverato.
Quante se ne son dette nelle ultime settimane sul quindicenne suicida a Roma.
Suicida perché esausto delle vessazioni omofobe dei propri compagni di classe.
Umiliato per dei pantaloni rosa.
Dopo lo choc iniziale, Anna Paola Concia osò ridisegnare l’intera vicenda, dopo aver chiacchierato con i ragazzi della scuola.
Una follia comunicativa. Perché quel figlio ucciso dall’omofobia ha lasciato una madre distrutta dal dolore, che ora vuole giustamente giustizia.
Minimizzare il peso dell’omofobia è controproducente.
Un ragazzo di quindici/sedici anni DEVE sapere quanto male possa far male ad un suo coetaneo.
Perché le parole son più dolorose dei cazzotti. Lasciano segni indelebili, invisibili ad occhio nudo, ma incancellabili per il diretto interessato.
Ne sa qualcosa Francesco (nome di fantasia), intervistato quest’oggi da LaRepubblica.
Francesco parla dei sei anni da INCUBO vissuti a scuola.
“Frocio”. “Finocchio”. “Checca”. “Fenóli” (in dialetto friulano). Gliene hanno dette di tutti i colori.
‘Ciao Barbie”, “sei un errore della natura”, “meriti tutta la sfiga del mondo”.
Francesco ha dovuto sopportare tutto questo per sei anni. Ora è più sereno, consapevole, gay dichiarato. Questi anni hanno contribuito a forgiargli il carattere, come successo a molti di noi, sottoscritto in primis.
Quando hanno iniziato ad insultarmi? Primo anno, avevo 14 anni. Mi ero accorto di essere gay da due anni. Mi confido con una compagna, la mia migliore amica. Lei lo dice a un altro e si sparge la voce. E la palla di neve inizia a rotolare”. “E’ durata sei anni. Fino a oggi che ne ho venti. Posso dire che là dentro, a scuola, ho passato, anzi sto passando, gli anni peggiori”. Dopo l’outing forzato della mia amica, ho subito per cinque anni. In silenzio. Me ne hanno dette e scritte di tutti i colori, un ragazzo una volta, uno che mi piaceva, mi ha detto “se fossi i tuoi genitori ti ripudierei come figlio”. È la frase che mi ha ferito di più. Forse si è accanito per togliersi dall’imbarazzo di piacermi”. ” Ora voglio che chi sta soffrendo quello che ho sofferto io non si senta solo. Il mio nome non lo faccio perché i miei nonni farebbero fatica a accettarlo“.
Parole sincere, e a dir poco condivisibili, all’interno di un mondo, quello scolastico, che andrebbe RIBALTATO, tanto dal punto di vista educativo quanto punitivo.
Perché l’omofobia si combatte anche, se non soprattutto, attraverso la cultura e l’istruzione. L’omofobia si combatte proprio partendo da quel luogo che si chiama scuola, e che troppo spesso finisce per trasformarsi in un girone dantesco, nell’indifferenza generale. Solo perché sei gay, a 14 anni.

Autore

Articoli correlati

Impostazioni privacy