Dagli enti agli enta: benvenuto trauma

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Dagli enti agli enta.
Un trauma.
Il giorno del mio compleanno è da sempre uno shock.
Ma dai è un cliché?
E sticazzi, sarà pure un cliché ma è maledettamente vero.
A me il 20 gennaio rode SEMPRE il culo.
Oggi, giorno del passaggio dagli enti agli enta, ancor di più.
Perché c’è uno scalino generazionale da dover superare, salutando definitivamente la lunga giovane età per iniziare a dare il benvenuto ad una fase più ‘adulta’, che pian pianino mi porterà per mano verso gli ‘anta’, ultimo trauma prima della morte. A meno che uno non voglia arrivare agli ‘ento’, ma sai che rottura di palle, almeno che tu non sia Iva Zanicchi.
30 anni e iniziare a guardarsi intorno, dietro le spalle, e un minimo davanti.
Per ritrovarsi cosa tra le mani?
E’ da questa mattina che la domanda mi frulla nella testa.
30 anni di vita. Tanti, quelli della reale adolescenza, letteralmente buttati nel cesso. Gli anni della non accettazione sessuale, della timidezza sfacciata, della scarsa socialità, gli anni dell’odiato liceo, fino all’arrivo dell’Università, con cui ha coinciso una vera e propria rinascita.
Da quel momento in poi posso dire di aver iniziato a ‘vivere’, realmente, concretamente, continuando però a rimpiangere il tempo perduto in passato. Quello magico, irresponsabile, spensierato ed irripetibile dei 15 anni, dei 16 anni, dei 18 anni, da me mai davvero ‘goduti’ appieno. Probabilmente è anche per questo motivo che questi benedetti 30 anni ‘non me li sento’. Perché almeno 5 li ho davvero cestinati, non vissuti e/o sopportati, più che cavalcati. E invece eccomi qui, oggi, 30enne, a Milano, a casa ‘mia’, e con il mio fidanzato. Pigro, come sempre, lento nel fare le cose, tendenzialmente portato a ‘cullarmi’ su ciò che ho, e tralasciando ciò che potrei avere, ma innegabilmente felice. Perché nel mio piccolo ho raggiunto alcuni di quei traguardi che in molti faticano a trovare in una vita intera.
L’amore, quello a cui non avevo mai creduto fino a quando non ho incrociato il suo sorriso e i suoi occhi, a bordo piscina; una casa tutta ‘nostra’, da vivere nella sua straordinaria e normale quotidianità, in una città, Milano, che è sempre più un piacere da scoprire; un lavoro sicuramente poco sicuro, perché figlio dell’eterno precariato, ma tendenzialmente appagante ed economicamente moderatamente soddisfacente; una salute che facciamo corna ancora regge; un blog che continua a darmi tante soddisfazioni; e un branco di persone a cui spero di mancare, non dico sempre ma almeno ogni tanto. Perché 30 anni non sono tanti ma non sono neanche pochi, non sono la fine del mondo ma neanche l’inizio di chissà quale nuova Era. Sono solo un passaggio ‘traumatico’, a cui dare il giusto peso, per iniziare a tirare le prime somme di un’esistenza che mi auguro possa riservare ancora mille altre sorprese.
Nell’attesa, mi godo forse per la prima volta quello che ho tra le mani, che non è affatto poco. Per questo, oggi, 20 gennaio 2012, sorrido. 


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