Il Discorso del Re – The King’s Speech: Recensione in Anteprima

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Il Discorso del Re
Recensione in Anteprima
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Uscito vincitore dal Toronto International Film Festival e candidato a 7 Golden Globes, ovvero uno in più rispetto al favoritissimo The Social Network e a The Fighter, The King’s Speech porta in sala l’incredibile storia di Re Giorgio VI, Monarca realmente impegnato nell’ardua ricerca della sua voce, Re d’Inghilterra dal 1936 al 1952, anno della sua morte. Al giovane Tom Hooper, 3 volte vincitore di un Golden Globe per film e mini-serie televisive, e regista del sottovalutato Il Maledetto United, è stato affidato l’arduo compito, straordinariamente eseguito.

Grazie ad uno script intelligente, capace di alternare Storia e quotidianità dei vari personaggi, miscelando battute taglienti e ricche di humor tipicamente british, il film vola grazie ad un maestoso e mastodontico Colin Firth, a cui l’Oscar come Migliore Attore Protagonista, quest’anno, non potrà toglierlo proprio nessuno.

Morto Re Giorgio V, e certificata la scandalosa ed incredibile abdicazione al trono di Re Eduardo VIII, suo fratello, Bertie viene improvvisamente incoronato Re Giorgio VI d’Inghilterra. Un incubo per l’uomo, da sempre in lotta con una forma debilitante di balbuzie. La tecnologia ha purtroppo per lui fatto evolvere la figura del Sovrano, passato dall’essere semplicemente una ‘figura’ al dover essere anche se non soprattutto una voce, capace di trasmettere forza e saggezza. L’arrivo della radio ha rivoluzionato il mondo, e la Corona inglese non può non stare al passo con i tempi, dialogando direttamente con i propri sudditi. Con il paese sull’orlo della Seconda Guerra Mondiale e disperatamente alla ricerca di un leader, Bertie, diventato Re Giorgio VI, ha quindi bisogno di una voce, la sua voce, fino a quel momento traballante. Ad aiutarlo, grazie all’interessamento della futura Regina Madre Elisabetta, sua moglie, e non senza problemi, arriva Lionel Logue, logopedista australiano…

Per chi conosce Tom Hooper, mai candidato all’Oscar come erroneamente annunciato dal trailer italiano del film, ma ormai in procinto di ‘benedizione’ ufficiale, Il Discorso del Re non è affatto una sorpresa. Tre volte premiato con il Golden Globe per il miglior film o mini-serie per la tv, nel 2007, 2008 e 2009, Hooper ha soprattutto diretto magnificamente i suoi interpreti, sempre premiati. E’ successo con Paul Giamatti e Laura Linney, in John Adams, con Jim Broadbent e Samanha Morton, in Longford, e con Helen Mirren e Jeremy Irons, in Elizabeth I. In sala la sua fenomenale capacità nel carpire sempre il massimo dai suoi attori l’avevamo toccata con mano grazie all’ottimo Michael Sheen de Il Maledetto United, fino a raggiungere ora l’apoteosi con questo The King’s Speech. Esistesse un Oscar ‘di gruppo’, andrebbe infatti a questa splendida pellicola, costata appena 15 milioni di dollari eppure maledettamente ricca, sotto tutti i punti di vista.

Al centro della trama c’è ovviamente lui, Colin Firth, memorabile nei panni del balbuziente Giorgio VI. Vedere il film in lingua originale permette di ammirare l’autentico capolavoro recitativo di Firth, da anni miglior attore d’Inghilterra, da premiare assolutamente con il massimo riconoscimento cinematografico. Nel suo viso contratto, nella sua mascella indurita, nei suoi occhi iniettati di ansia e paura c’è un uomo distrutto dal peso della responsabilità, combattuto con se’ stesso, solo e spesso deriso per il suo ‘handicap’ verbale, debole ma irascibile, incapace di vivere il destino a lui assegnato, potente ma ‘nudo’, dinanzi ad un semplice microfono. I suoi scatti d’ira e debolezza si alternano con forza e capacità, regalando una prova semplicemente impeccabile. Al suo fianco, per non farsi mancare nulla, Hooper si permette di regalarci un altro personaggio ineccepibile, interpretato da un Geoffrey Rush da brividi. Vederli l’uno accanto all’altro, Firth e Rush, battersi a suon di battute e frecciatine, è un piacere indecifrabile. Innalzati i due veri ed autentici protagonisti del film, ecco comparire dal nulla un cast di ‘comprimari’ da prima linea. Su tutte una regale e pungente Helena Bonham Carter, un innamorato, comandato e quasi irriconoscibile Guy Pearce, un impeccabile Michael Gambon, un potente Derek Jacobi, un’adorabile Jennifer Ehle e un macchiettistico Timothy Spall, chiamato ad interpretare un ruvido Winston Churcill.

Se a tratti il film rallenta nel ritmo, lasciando spazio alla storia, con la S maiuscola, all’avvicinarsi del terrore hitleriano e alle difficoltà intime e personali di Bertie, chiamato a dover prendere il trono, anche se balbuziente e decisamente restio, Il Discorso del Re dimostra ancora una volta tutta la forza del cinema inglese, qui tecnicamente perfetto. Dalla straordinaria fotografia di Danny Cohen, quasi eterea in una potentissima scena in cui Firth e Rush discutono animosamente camminando tra i giardini londinesi, alle scenografie reali di Eve Stewart, riuscito a ricostruire una credibilissima Londra degli anni 20, passando per i costumi di Jenny Beaven, l’ottima sceneggiatura di David Seidler, pungente, ironica nei confronti della Corona e capace di tratteggiare un magnifico Re in tutte le sue paure e debolezze, costruendo tra l’altro con capacità un’amicizia tanto incredibile quanto realmente esistita, tra due uomini così diversi eppure negli anni indivisibili, fino alla regia mai banale, attenta, viva, coraggiosa e sapiente di Tom Hooper, che sta costantemente addosso ai suoi attori per riuscire ad ottenerne sempre il massimo, Il Discorso del Re non solo convince, ma conquista. Sicuramente il miglior film inglese degli ultimi anni. Sicuramente il miglior Colin Firth di sempre. Sicuramente da nomination all’Oscar.

Voto: 8,5

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