Fallimento Alemanno: Roma è allo SFASCIO

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A dirlo non il sottoscritto, COMUNISTA mangiabambini, ma Il Foglio e Internazionale, con annesso editoriale del Corriere della Sera, ovvero due giornali AMICI del nostro caro Sindaco, da due anni primo cittadino della Capitale, città sempre più lurida, ‘bucata’ e degradata. Aridatece Veltroni, subito.

Editoriale di Paolo Conti per “Il Corriere della Sera – Roma”

Buona domenica, sindaco Alemanno. Bel campanello d’allarme per la sua giunta, le due pagine dedicate al Campidoglio da un quotidiano certo non ostile al centrodestra come «Il foglio» diretto da Giuliano Ferrara. Per rafforzare l’inchiesta-invettiva civile firmata da Stefano Di Michele, «Capitale infetta, nazione corrotta», si cita au contraire un titolo storico, anzi mitico, quel «Capitale corrotta, nazione infetta» che l’11 dicembre 1955 schierò «L’Espresso» contro la giunta Dc guidata da Salvatore Rebecchini.
Stavolta c’è una evidente ironia, visto che si parla dell’andamento del bus 90, del traffico infernale, persino di quella coppia di germani assetati a villa Torlonia perché cercano l’acqua nelle fontane asciutte, storia apparsa recentemente sulla rubrica delle lettere di questa cronaca.
Ovviamente i germani sono un minimo dettaglio di costume ma, come argomenta «Il foglio», svelano un problema immenso: se la giunta Alemanno non è riuscita nemmeno ad attivare le fontane di villa Torlonia (parco al quale la destra dovrebbe essere culturalmente molto attenta) in che cosa si distingue dal discusso lascito delle giunte di centrosinistra targate Rutelli e Veltroni?
Anche «Il Foglio» scrive ciò che pensano in molti. Cioè (lo spiega il titolo del giornale) c’è «un’amministrazione che sogna grandi opere ma non tiene conto della necessaria piccolezza quotidiana». Quindi non ci saranno progetti per le Olimpiadi, né roboanti gare di Formula 1 organizzate all’Eur o chissà dove, in grado di salvare Roma se non si comincerà a mettere mano seriamente, con continuità e magari oscura quotidianità, ai problemi che ci soffocano giorno dopo giorno: traffico, mezzi pubblici, cartelloni selvaggi, camion bar che si moltiplicano, degrado e sporcizia.
Qui è il punto. La «necessità della piccolezza quotidiana» non fa titolo, non crea consenso, sfugge ai titoloni da prima pagina. Meglio un progettone «Millennium»? «Il foglio» giura di no perché, sotto sotto, vuole rammentare ad Alemanno e alla sua maggioranza che il peccato mortale del centrosinistra fu di occuparsi molto (troppo) di tanto altro molto spettacolare (cinema! estate! festival! teca di Meier!) e poco della «piccolezza quotidiana».
Per coincidenza, anche un settimanale assai poco tenero con Berlusconi, come «Internazionale», dedica un fondo a Roma (fatto inusuale) firmato dal direttore Giovanni De Mauro: «Roma cade a pezzi, progressivo disfacimento, invasione dei pullman turistici, sporcizia che si accumula, moltiplicazione dei cartelli pubblicitari». L’identità dell’analisi, da opposte sponde politiche, fa impressione. Buona domenica, sindaco Alemanno.

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Stefano Di Michele – da Il foglio
La Roma alemanniana, signor sindaco, non è certo migliorata rispetto a quella veltroniana, dicono persino i miei amici che hanno votato per Lei. Il senso di fatica, di abbandono, la percezione di una prevalenza non solo dei cretini metropolitani (Fruttero&Lucentini esaminarono la situazione, e il loro pessimismo si rivela nello specifico quale eccesso di ottimismo) ma di furbi, di chi crede che la possibilità di farla franca sia maggiore di quella di pagare dazio.
E’ la prevalenza del prepotente signor sindaco. I suoi amici mi raccontano che questa è anche la sua angoscia. Che pure Lei la sera, quando torna a casa dall’ufficio, si ritrova quasi come il Neruda nostro mito giovanile, stanco di vedere il mondo che non cambia e di stanchezza in stanchezza, la tendenza a cedere all’abitudine, e l’abitudine che infine impedisce a ogni cosa di cambiare.
Mi dicono: Nelle sue stanze la luce è sempre accesa, lavora dalle otto del mattino alle due di notte, uno stakanovista. Ci sono addirittura tre turni di segretarie, per tenergli dietro . E’ ottima cosa (anche se di pessimo ricordo) la luce accesa fino a tardi nei palazzi delle istituzioni (per dire, se Berlusconi avesse continuato a illuminare il suo lavoro sotto i risplendenti lampadari di Palazzo Chigi. anziché optare certe volte per le luci soffuse di Palazzo Grazioli, forse le vicende politiche di questi anni sarebbero andate diversamente).
E se l’opposizione ovviamente attacca (“Bilancio sì! Alemanno no!”, si legge sui manifesti in giro per la città), sempre consolante è apprendere di quante ore e di quale fatica siano fatte le giornate del Primo Cittadino. Ma poi, alla fine, appunto il mondo non cambia , e poco poeticamente neanche la città cambia, e anzi a volte s’imbruttisce non di poco cede estetica e vivibilità.
“Così muore la Bellezza”, l’ha scritto persino il Financial Times, evocando (e magari esagerando) un caos da megalopoli del Terzo mondo. “Vorrebbe far tutto, ma è così difficile cambiare la mentalità…”. Lì stanno le mignotte, sulle strade da dove Lei voleva rimuoverle, lì stanno i venditori di patacche fasulle, proprio lì da dove Lei voleva cacciarli e uno spettacolo quasi quotidiano trasforma le vie del centro in arena gladiatoria, con quelli che scappano tirandosi dietro la mercanzia, e scaraventando a terra qualche passante, e stremati vigili e affaticati finanzieri dietro a rincorrere.
E tutto resta dov’è, e anzi molto si aggiunge. Gli orrendi camion bar che si moltiplicano, “lì il sindaco ha ceduto, purtroppo”, la gestione quotidiana che fatica, l’abbrutimento metropolitano segnato da un’invasione di finti mendicanti, di poveri storpi importati dall’estero da bande criminali – gambe storte esibite con i pantaloni tirati fino alla coscia, tronchi senza braccia esposti al sole, quel ragazzo che da anni si trascina su un carrettino strisciando per terra, e ogni tanto lo portano in un centro di accoglienza, e subito fugge e torna dai suoi sfruttatori, e riprende a vagare, l’altezza al livello dei motori delle macchine: “il Cane”, lo chiamano così, signor sindaco, una piccola e dolente e oscena Calcutta nel cuore della Capitale da zingare finte semimoribonde e scenograficamente tremanti sdraiate sui marciapiedi, magari col cellulare incollato all’orecchio sotto il fazzolettone nero e lercio, bimbi seminudi costretti a mendicare da canaglie adulte, ubriachi molesti a ogni semaforo. “Alemanno ormai ha la sindrome della clessidra”, dicono nelle sue stanze, in Campidoglio. Clessidra metaforica sono due anni che la sabbia scorre, e c’è più pena e fatica che gloria – eppure ossessiva, presente, inquietante. Due anni sono pochi – per risolvere tutto; sono tantissimi – per generare disillusione.

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