Britney Jean – pagella e voti per il nuovo album di Britney Spears

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L’album più intimo e personale di una carriera, in realtà di una pochezza imbarazzante, mediocre e di un’inconsistenza difficilmente accettabile.
A pochi giorni dall’uscita ufficiale di Britney Jean, la nuova fatica di Britney Spears è stata ieri sera ‘liberata’ dalla diretta interessata via iTunes, con uno streaming gratuito della standard edition.
10 tracce appena per mezz’ora di musica, ovvero una scelta coraggiosa e da me condivisa nel non cadere nell’immotivata ossessione che vede quasi come un OBBLIGO il riempimento di un disco. Ci sono album da 16/19 tracce con più della metà di queste cestinabili. Il senso? Nessuno. 21 di Adele, 11 tracce appena, è lì a dimostrare che QUANTITA’ non fa QUALITA’.
Peccato che in questo caso RIDOTTA QUANTITA’ sia uguale a RIDOTTA qualità.
Perché è difficile salvare un disco che spazia inspiegabilmente tra generi, raschiando in tutti i casi il già sentito, con la perenne sensazione di ‘scarto’ che si fa strada pezzo dopo pezzo.
Ad oggi privo di promozione, Britney Jean poteva vantare collaborazioni interessanti per la Spears, vedi quel William Orbit che segnò la carriera di Madonna con Ray of Light. Tralasciando Work Bitch, inedito da tempo digerito e a detta di chi scrive ingiustamente poco apprezzato, la ‘nuova’ Britney nata da un giorno e l’altro solo e soltanto per trainare e giustificare il ricco tour in esclusiva di Las Vegas, non si capisce da dove voglia partire.
Da Perfume, infinita rottura di coglioni snobbata da chiunque in qualsiasi parte del mondo? Da Alien, robaccia ripetitiva che si trascina stancamente poggiandosi quasi esclusivamente sull’orecchiabile e passabile ritornello? Oppure sono proprio i pezzi più truzzi e discotecari che dovrebbero rilanciare l’ex reginetta del pop.
La coatta It Should Be Easy cantata in coppia con quella che potremmo ormai definire la sua ombra, ovvero will.i.am? Una caciara da step in palestra di quarta categoria che farebbe imbarazzare persino Pitbull. Più ossessiva e apprezzabile Tik Tik Boom, mentre con Body Ache si torna nel limbo della burinaggine esplosiva, con plateale marchio David Guetta ad impreziosire una canzone probabilmente messa da parte persino da Kelly Rowland. Rimasti senza fiato per quel che si è ascoltato fino ad ora, si torna a respirare grazie a due tracce. Ovvero la finalmente tutt’altro che scontata Til It’s Gone, ritmata ma nei limiti del Diabolika Sound un minimo contenuta, e soprattutto Passenger, in assoluto miglior canzone di questa standard edition ed inspiegabilmente ancora lontana dall’essere singolo. Forse perché a tratti cantata da altri? Probabile, visto che la voce di Britney cambia registro come se fosse posseduta. Penultima traccia in coppia con la sorella Jamie Lynn, da spingere ufficialmente dopo anni di attesa in una sorta di staffetta tra sorelle Spears, ed anche qui si scivola nel già spaventosamente sentito miliardi di volte, per poi cambiare registro inaspettatamente prima di dare il cambio alla pischella. Complessivamente un duetto paraculo ma che si appresta a chiudere con un minimo di decenza un album per chi scrive quasi indifendibile. A completare il tutto, infatti, ecco arrivare l’accettabile Don’t Cry, titolo mai tanto adatto vista l’occasione. Perché chiunque sia arrivato fino a questo punto è in lacrime dal dolore  provato, a meno che voi non siate fan duri e puri di Britney. Perché è a questi che l’album si propone. Ai fan ciechi e sordi della cantante, da sempre ai suoi piedi qualsiasi cosa faccia e/o canti. Fan che molto probabilmente avranno apprezzato anche l’ottava fatica della loro beniamina, crogiolandosi dinanzi ad un disco che non potrà mai uscire dalla loro sempre più ristretta cerchia.  Perché Britney Jean, privo ora ma anche domani di un qualsiasi tipo di promozione concreta, è un album nato morto. Tanto dal punto di vista commerciale quanto produttivo. Un disco che poteva finalmente portare la Spears verso orizzonti da lei raramente esplorati, finendo invece per accontentarsi di un potpourri di generi. Una, nessuna, centomila, a seconda di quel che hanno deciso ‘altri’ al suo posto. Tra stancanti ballad, rumorose tracce da discoteca e duetti da quadretto famigliare che verranno totalmente snobbati da chiunque non abbia almeno una foto profilo Facebook con la Spears  al posto del proprio viso. Ovvero un buon 99% della popolazione mondiale. E dare il proprio assenso ad un disco che fa platealmente attenzione solo a quell’1% che sempre e comunque finirà per gridare al capolavoro, è probabilmente imperdonabile per quanto volontariamente limitante.

“Alien” – 5
“Work Bitch” – 7
“Perfume” – 5
“It Should Be Easy” (featuring will.i.am) – 6 –
“Tik Tik Boom” (featuring T.I.) – 6
“Body Ache” – 5
“Til It’s Gone” – 7 –
“Passenger” – 7+
“Chillin’ with You” (featuring Jamie Lynn) – 6 – –
“Don’t Cry” – 6-

DELUXE
“Brightest Morning Star” – ?
“Hold on Tight” – ?
“Now That I Found You” – ?

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