MY LIFE… A Keaton m’hai rotto er cazzo co sta pippa, volemo passà ad artro? 4° puntata!

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Ottobre 2005.
Roma è magica ad ottobre. Non fa più il caldo asfissiante di agosto, ma nemmeno il freddo di novembre. Si può ancora uscire la sera con una felpetta o un semplice maglioncino.
Il pantaloncino è già più rischioso, si correrebbe il serio rischio di un congelamento testicolare immediato, ma basta farci l’abitudine…
Il vento delle 7 di sera è splendido. Le giornate si accorciano ma c’è quel tanto di luce da non esser ancora arrivato il momento del tè delle 17, con annesse pettegolezzi da frocie acide nel bel mezzo di una canasta.
Esco dal cinema con il mio ragazzo, stiamo insieme ormai da oltre un mese.
Le cose sembra davvero che funzionino. Mi sveglio la mattina e la prima cosa a cui penso è lui, è l’sms del buongiorno, dopo ovviamente aver fatto la mia ricca dose di cacca. Ci sentiamo sempre per pranzo, ci vediamo quasi sempre tutti i pomeriggi, spesso usciamo la sera. E’ un rapporto intenso, particolarmente vissuto, anche perchè mi abita a meno di 10 minuti da casa. Il sogno di chiunque, trovarsi un ragazzo a uno schioppo da casa… peccato che quando lo trovi alla fine rimpiangi i tempi in cui c’era sempre la BUONISSIMA SCUSA “dai è tardi, sei troppo lontano, facciamo domani…”. Cor cazzo! Se t’abita a 5 minuti NON esistono scuse… scenni e stai zitto…
Ci divide praticamente solo un ponte, Ponte Milvio. Io sono da una parte, lui dall’altra.
Torniamo a casa, lo riaccompagno, ma lui vuole farsi una passeggiata romantica proprio su quel pezzo di cemento sospeso in aria come per magia, dove ci siamo conosciuti il mese prima.
Perche no, mi dico. La serata è splendida, c’è il magico ponentino romano, si sta da Dio, magari se infrattamo pure… perchè no?!?
Scendiamo dalla macchina, il ponte è stranamente deserto.
Passeggiamo l’uno vicini all’altro quando un palo, proprio al centro del ponte, colpisce la mia attenzione.
Attorno a sè c’è una catena con dei lucchetti attaccati.

“E questo cos’è”, gli chiedo io…
“Ma come non lo sai? E’ l’ultima moda dei pariolini esplosa da un paio di settimane… gli innamorati vengono qui, attaccano un lucchetto, ci scrivono le proprie iniziali sopra e buttano le chiavi nel tevere, così il loro amore non potrà mai spezzarsi e sarà per sempre“.
“Ma daaaai… ma davvero fanno sta cazzata? Vabbè giusto i pariolini…”
“E’ già… fanno davvero sta cazzata…”
Fu allora che tirò fuori dalla tasca destra dei jeans un lucchettino, accompagnato da un pennarello , nascosto in quella sinistra… solita figura di merda colossale… io non sapevo un cazzo di questi lucchetti, non potevo immaginare che da lì a pochi mesi sarebbe esplosa la MANIA grazie a Federico Moccia e al suo merdoso e stramaledetto Ho Voglia di Te, ma lui lo sapeva.
Non solo lo sapeva ma aveva escogitato tutto questo per entrare anche lui in quella ‘storia’.
Aveva pensato a tutto, alla passeggiata, al lucchetto, al pennarello, ed io con una frase acida l’avevo smontato.
“Dai hai ragione, è proprio una cazzata…”
“Ma no dai, ripensandoci è carino, non è così una cazzata… facciamolo!”.
“Ma te non lo vuoi fare… me lo stai dicendo solo perchè ora ho in mano un lucchetto ed un pennarello!”.
“Bè ma scusa… crederci o non crederci cambia poco, farlo non toglie nulla no? Magari funziona, chi lo sa… quindi facciamolo”.
E’ così lo facemmo.
F+G.
Lucchetto attaccato, chiave buttata nel tevere.
Lui aveva gli occhi lucidi dall’emozione. Chissà da quanto ci stava pensando. Io tra me e me, cinico di merda che non sono altro, ridevo per la stronzata appena fatta, con tanto di conati di vomito melassosi. Ma mi bastava vederlo sorridere.
Per quel sorriso avrei fatto tutto.

10 luglio 2006.
E’ il gran giorno. Quello che non si dimentica mai. Quello che viene raccontato ai propri nitotini. Quello in cui la notte prima non dormi. Il giorno in cui non hai mai visto i tuoi genitori così emozionati ed agitati. Il giorno della mia Laurea.
Roma è avvolta da una cappa di caldo mostruosa. Fanno tioi 97° all’ombra. Ma non è una giornata ‘normale’. L’Italia intera quella mattina si è risvegliata Campione del Mondo.
La sera prima l’Italia di Marcello Lippi ha battuto la Francia ai calci di rigore.
120 minuti al cardiopalma, assolutamente indimenticabili.
120 minuti con il cuore in gola, passati non sui libri, non sulle slide, non a ripetere ne a mangiarmi le unghie dall’agitazione per il GRAN giorno che sarebbe arrivato 24 ore dopo, ma al Circo Massimo!
Insieme ad un milione di persone ero lì, avvolto da un tricolore, pronto a diventare per la prima volta Campione del Mondo, a meno di 12 ore da quello che sarebbe stato uno dei giorni più importanti della mia vita.
Agitato per la laurea? Ma anche no…. quella sera c’era solo l’Italia!
Lui non c’è, non è con me. Sono ormai 8 mesi che stiamo insieme, tra alti e bassi. Abbiamo passato momenti burrascosi, ci siamo lasciati, ci siamo ripresi, abbiamo litigato di brutto, ma stiamo ancora insieme.
Lui sta vedendo la partita con delle sue amiche. Io sono al Circo Massimo con le mie.
Ho chiuso libri e computer alle 4 del pomeriggio, per dedicarmi solo alla nazionale.
Ho bisogno di scaricare la tensione e la finale di coppa del mondo cade a fagiuolo, come un segno unico ed impensabile del destino, del mio destino. Nato campione del mondo, nel 1982, laureato campione del mondo, il giorno dopo il trionfo.
Vinciamo, festeggiamo. Roma è magnifica quella notte. Dal Circo Massimo arriviamo a piedi fino a Piazza del Popolo, immersi nella folla e nella gioia di mezza città. Le fontane della città sono PIENE, i pompieri, i carabinieri, la polizia, TUTTI partecipano alla festa. Per una sera il DELIRIO è totale e soprattutto autorizzato. Sono 3 ore che grido come un pazzo. Sono le 2 di notte e sto ancora festeggiando. Tra 7 ore mi laureo.
Non dormo, non chiudo occhio, tra il mondiale e la laurea ho l’adrenalina a 3000. Potrei scalare l’Everest a suon di pisellate. Cammino per casa, guardo la tv, ripasso mentalmente il mio discorso.
Sorge finalmente il sole. I miei sono agitatissimi ed emozionatissimi. Loro figlio si laurea.
Giacca e Cravatta. Oggi è il giorno della giacca e della cravatta. Fosse stato per me ci sarei andato in bermuda, ma i miei ci tengono troppo… ALMENO OGGI TI VOGLIAMO IN GIACCA E CRAVATTA!
Anche se non riesco a non abbinarci quel tocco IMMANCABILE di eccentricità kitsch, con delle improponibili Vans a scacchi bianche e nere!
Mia madre mi odia, ma io non sento ragioni… voglio qualcosa che stacchi! Vans promosse titolari…
Sono le 9 del mattino e fanno già 30°. Mi sto letteralmente sciogliendo dal caldo. Sotto le ascelle c’ho 3 kg de ricotta. In facoltà non c’è una faccia riposata.
TUTTI abbiamo fatto tardi per la partita. Io non ho quasi più voce dopo aver urlato tutta la notte. Ma ormai i miei evitano di commentare il figlio matto ed incosciente. Prendere o lasciare, sono fatto così, e non li ho mai delusi, nemmeno una volta.
Ci sono quasi tutti, tranne lui.
Ma eccolo che arriva. Mi basta vedere quel sorriso per tornare alla calma, alla tranquillità. Non l’ho mai presentato ai miei genitori, viene etichettato come un “amico”, ma mia madre intuisce, percepisce. Subito dopo mi chiederà “ma era il tuo ragazzo quello?”. Lui questo non l’ha mai saputo, sarebbe stato felicissimo di saperlo. Ma non lo saprà mai, visto che la sera del 5 agosto ci lasceremo gridandoci di tutto addosso…

Settembre 2005
Vacanze finita. Torno dalla Sardegna, ho gli ultimissimi esami prima di potermi dedicare interamente alla Laurea. A Roma fa ancora caldissimo, un’afa folle domina la città. Su internet ho conosciuto un ragazzo. Sembra carino, ha 19 anni, io 23, ed incredibilmente mi abita a due passi da casa, dall’altra parte del Ponte!
Perchè quindi non vederlo? Organizziamo così l’appuntamento, il nostro primo appuntamento. Luogo d’incontro? Ovviamente il Ponte di Ponte Milvio!
Io sono in anticipo, come sempre. Look prettamente estivo, bermuda, infradito, t-shirt ed occhiali da sole. Lui ritarda. Nel giro di 5minuti5 dal cielo azzurro e limpido spuntano fuori nuvoloni grigi e carichi di pioggia.
Improvvisamente una tromba d’aria si abbatte su Roma Nord! E che cazzo de sfiga… praticamente volano mucche e case dall’Arkansas…
Mai avevo visto un cambio climatico così repentino! Chiunque passi per Ponte Milvio cerca riparo sotto la torretta, dove sono anche io.
Da lontano vedo arrivare un ragazzo, corre, anche lui è in bermuda ed infradito, si sta inzuppando poverino… è lui, il mio appuntamento!
Arrivato sotto il ponte si sgrulla i capelli bagnati, alza lo sguardo e mi sorride. Quel sorriso…
La pioggia finisce. Le nuvole fuggono via così com’erano arrivate. Il sole torna a scaldarci, asciugandoci i vestiti fradici di pioggia.
Rimaniamo sotto il ponte solo io e lui.
Si scusa per il ritardo, chiacchieriamo un po’, fino a quando lui non propone l’atteso “ci andiamo a bere qualcosa?”.
“Perchè no”, dico io…, senza sapere che quel QUALCOSA fosse in realtà riferito a casa sua. Quella stessa casa che era pronto ad abbandonare, insieme a me, esattamente 4 mesi dopo, destinazioneLondra!

Dicembre 2005:
Piove, fa freddo, solito inverno di merda. Natale si avvicina, vogliamo prendere e partire, farci il nostro primo viaggio insieme, dopo 4 mesi di relazione. I genitori gli stanno un po’ troppo addosso per i miei gusti (cazzo hai 19 anni, ti facessero respirare! gli dico io in continuazione… ), ma a quanto pare acconsentono a questo viaggio…
Decidiamo di fare sul serio, andiamo in un’agenzia, vogliamo andare a Londra, entriamo per fare i biglietti.
Lui è radioso, da tempo voleva partire. Io più scettico, ancora insicuro su quale strada avesse preso e stessimo prendendo con quel rapporto, ma un viaggio ci farà sicuramente bene, mi dico.
La ragazza che si sta occupando di noi è pronta, ha trovato i biglietti aerei, ci chiede alcune informazioni generiche per completare la prenotazione. Nome, cognome, data di nascita, età.
Qui lui si irrigidisce. Inspiegabilmente…
Mentre la ragazza digita non so cosa sulla tastiera, sottovoce mi avverte “Fede ti prego stai calmo…”.
“Come scusa? Ma io sono calmo… stiamo andando a Londra!”
“Fede ti prego scusami…”
“Ehm… scusarti? Di cosa? Di che cazzo stai parlando?!?.
“Fede Perdonami… non cambia nulla… sono sempre io…”
“Ma ti sei drogato, è una candid camera… si può sapere che cazzo dici?!?”.
La ragazza ci guarda con la coda dell’occhio. Percepisce che qualcosa non va. Ha finito di trascrivere i miei dati. Ora tocca a lui… Nome… cognome… anni…
“Fede scusami…”. Mi guarda, ha le lacrime agli occhi, non c’è più nessun sorriso, è terrorizzato, trema.
Qualcosa sta per accadere ma non riesco a capire cosa… fino a quando non risponde alla ragazza in attesa dicendo…
“16…”.

To Be Continued…

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