12 Years a Slave: Madonna cafona con il cellulare durante la premiere di New York

Condividi

In ordine sparso sono questi gli ‘inconvenienti’ che odio incontrare al cinema:
i vecchi sordi che parlano come se stessero sul divano di casa.
i bambini che urlano e si dimenano prendendo a calci la mia poltrona come se stessero davanti la tv di casa.
i cafoni che sbraitano oscillando tra la parolaccia gratuita e la risata sguaiata come se stessero sul cesso di casa.
i telefonini e i loro proprietari che si dimenticano di spegnerli se non addirittura di liberarsene, controllando mail e inviando sms durante la proiezione come se fossero soli e non avessero al loro fianco un perfetto sconosciuto che ha sborsato 8 euro per vedere tutto tranne che il loro fottuto schermino illuminato.

Ora, potrei uccidere quando si spengono le luci se anche solo una di queste cose si materializzasse in un cinema (e aihmè succede spesso).
Perché la visione di un film è sacra.
Ci deve essere il totale silenzio.
Totale.
Se ti annoi, sei lì per caso, vuoi mandare messaggi, controllare Facebook o chiacchierare a voce alta come se ti trovassi al bar dello zozzo FANTASTICO, a me va benissimo, ma quella è la porta.
La imbocchi, ti levi dai coglioni e mi lasci sereno e soddisfatto con il mio cazzo di film.

Espletata la premessa arriviamo alla notizia del post.
12 Years a Slave di Steve McQueen, in odore di Oscar. Acclamato dalla stampa Usa. Titolo sulla schiavitù, duro e crudo.
Premiere al New York Film Festival.
Buio in sala.
C’è una cafona con i guanti di pizzo nero che si mette a inviare sms durante la proiezione. Più volte.
Le chiedono di farla finita.
Lei reagisce con un clamoroso e anche incazzoso ‘è business, schiavista’.
Finisce il film.
Standing ovation.
Si accendono le luci.
La bionda dai guantini di pizzo si alza e se ne va.
Si scopre il suo volto.
E’ Madonna.  O così dicono. E da parte mia, Madge o non Madge, sai i vaffanculo che sarebbero partiti.

Autore

Articoli correlati

Impostazioni privacy