La Dolce Bellezza di Paolo Sorrentino – è Grande cinema

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Una Roma ipnotica, magica, surreale, condita da scorci incredibili e luci praticamente uniche. Una Roma che uccide con la sola propria bellezza. Una Roma che fagocita e conquista, promette ed illude. Una Roma felliniana evolutasi in peggio, tra freak contemporanei e quel vuoto culturale che annebbia l’Italia intera.
Una Roma raccontata con unica maestria dal più grande regista vivente nostrano, ovvero quel Paolo Sorrentino che con La Grande Bellezza ha dato vita ad un titolo che visto tra 30 anni continuerà a dipingere  l’Italia di oggi, di questi anni 2000. Un’Italia culturalmente piegata su se’ stessa, vuota, volgare, gonfiata dal botox e da inutili parole che riecheggiano nelle bocche ridondanti dell’alta borghesia capitolina. Annoiata e portata a ‘trascinarsi’, tra party e trenini, che ovviamente non conducono da nessuna parte.
Virtuosistico e stilisticamente strabiliante, lirico ed avvolgente, La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino è la Dolce Vita di oggi.
Esplicito e voluto l’omaggio a Federico Fellini, che intreccia 8 e 1/2 e Roma, condito dall’immancabile colonna sonora spiazzante, da uno stile registico più unico che raro, visionario, a tratti persino lynchiano, ambiguo, sacro, profano, proustiano e mistico. Sicuramente troppo lungo, La Grande Bellezza dimostra l’assoluta vitalità del cinema italiano, che non potrà e non dovrà uscire a mani vuote dal Festival di Cannes, perché questo Sorrentino non ha nulla da invidiare a nessuno. Trainati da un mastodontico Toni Servillo, passeggiamo quasi sbigottiti nella Roma di oggi, disarmante per quanto ‘brutta’ nei suoi rappresentanti eppure sublime, perché di una bellezza millenaria e tranciante. Il volto quasi tumefatto di una straordinaria Sabrina Ferilli, mai vista in un ruolo tanto importante, esteticamente volgare ma finalmente ‘umana’, e soprattutto mai così brava; il corpo ormai andato di una sorprendente Serena Grandi, coraggiosissima nel rimettersi in gioco attraverso una parte così complicata che potremmo definire a specchio; l’immagine malinconica di un Verdone ‘tradito’ dalla bellezza di Roma, da sempre santa e soprattutto puttana, tra cardinali incapaci di comunicare, idolatrate sante che mangiano solo radici e suore di clausura che ammiccano con pudore ad aitanti indigeni.
Ne La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino c’è il cinema di un tempo, quello che ancora oggi guardiamo con ammirazione e nostalgia, ma soprattutto la realtà dei nostri giorni, che fa rima con disfacimento culturale, sociale, religioso e politico. Qui perfettamente amalgamato all’interno di un’opera criptica, a tratti quasi incomprensibile, tra Giraffe comparse dal nulla e fenicotteri in volo sul Colosseo, ma di un coraggio e di una bellezza conturbante. Tanto da toglierti il fiato e obbligarti a pensarci. Ancora. Anche 24 ore dopo la sua proiezione. Come sta accadendo al sottoscritto.
Semplicemente grazie.
Grazie Paolo Sorrentino.

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