Plastic 2012/2013: è ripartito il BORDELLO (del pesce)

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Vivo a Milano da quasi 18 mesi.
Il tempo vola, l’ambientamento è stata lungo e articolato, ma siamo ormai ad un passo dalla sua tanto attesa completezza.
Ebbene, in 18 mesi non ero mai stato al Plastic.
Incredibile ma vero.
Il ‘leggendario’ Plastic, che lo scorso anno ha chiuso la ‘storica’ sede originale per poi trasferirsi da tutt’altra parte, in un locale grande il triplo.
Locale diverso, ma abitudini identiche al passato, da quel che ho capito.
Perché ciò che ho visto ieri sera al Plastic, serata (gay) House of Bordello, non mi era mai capitato in oltre 10 anni di onorata vita discotecara.
Più che la casa del Bordello un mercato del pesce, dove chiunque è OBBLIGATO a mettersi in mostra, a farsi scovare, a sgomitare, a spingere, ad urlare, per poter entrare.
Perché non esistono file, ma un’indefinita e agghiacciante massa di persone accalcate contro una transenna. Il loro obiettivo? Farsi notare da colui che ha il potere di farti entrare o mandarti a casa. Una sorta di Hunger Games frocio. Tu sì, tu no, tu forse, aspetta.
Chiunque arrivi può entrare prima di te. Chiunque ha quasi il PERMESSO di passare davanti ad un altro. Chiunque si DANNA l’anima per riuscire a farsi vedere. Braccia che si alzano, gente in punta di piedi, sguardi fissi puntati su colui che SCEGLIE, sull’ELETTO che ha il potere ultimo e decisionale, nella speranza di riuscire ad incrociare il suo magico sguardo e pensare: forse mi ha visto.
Essendo stata la mia PRIMA volta, ho osservato tutto con sconcertato interesse (strabiliante RISSA tra buttafuori e alcuni clienti, compresa una ragazza. Botte da orbi). Un’esperienza sociologica più che una nottata in discoteca.
Dal fondo della fila. Mani giunte. Un alieno in mezzo al delirio. Ero con amici, vecchi ‘clienti’ del locale. Loro ‘conoscevano’, e alla fine siamo entrati dopo una mezz’oretta di attesa. Perché solo se conosci riuscirai ad oltrepassare quel magico ingresso. E sborsare 25 euro. Alternative non ce ne sono. O forse sì. Vestirti come uno stronzo.
Ruba il paralume di Zio Cledo e Nonna Palmira, lasciali al buio a piagne, mettitelo in testa e stai sicuro che ce la farai. ENTRERAI. Persino prima di me, testa di cazzo imbottigliato nella NON fila da 30 minuti. Perché tu sei eccentrico (storpiatura gratuita di RIDICOLO) ed io no.
Ma questa è la caratteristica storica del locale, è ciò che lo contraddistingue“, mi hanno gentilmente ‘spiegato’ due lettori del blog conosciuti all’interno.
E me cojoni, rispondo io.
Bella caratteristica del cazzo.
Il vecchio Plastic da quel che ho capito era uno sgabuzzino che dava quasi direttamente sulla strada. Era fisicamente impossibile fare diversamente. Qui sì, sarebbe più che possibile. C’è un ampio spazio per poter gestire un numero indefinito di (CIVILI) file. Vuoi ‘selezionare’ chi entra? Magnifico. Io AMO la selezione, la VENERO. Ma fammi ORDINATAMENTE mettere in fila. Poi quando toccherà a me essere ‘selezionato’, a te la possibilità di prendermi a calci in culo o accogliermi nell’Olimpo del ‘basta che ce credi’. Vuoi adottare un trattamento speciale per gli amici e i Very Important People de sta ceppa? Fantastico. Esistono le LISTE (con annesse file ad hoc). Credo da 30 anni.
E invece no. Al Plastic si alimenta volutamente la maleducazione, l’ignoranza, l’inciviltà, il cliché dell’italiano medio che non rispetta le regole TIPO della convivenza sociale, credendo tra l’altro di esser TOP proprio per questo motivo. Ma TOP de che, a sfigato. Sei un cafone, punto. Qui entra l’inciucione, l’amico dell’amico dell’amico, quello che è più alto e smaliziato, quello che sgomita e spinge, quello vestito da pagliaccio, quello che ti guarda dall’alto in basso pensando ‘ma sto stronzo ancora non l’ha capito che se non fai così qui non entri‘? Come no. Certo che l’ho capito. E difatti il sottoscritto al Plastic non ci metterà più piede. Locale molto carino (aerazione Alpheus stagione 2007 a parte: una sauna), 3 sale, privée, musica varia al punto giusto, bella gente (a parte qualche scopa nel culo di troppo tipica della Milano gaya), cocktail discreti, gestione degli spazi da rivedere. Ma organizzazione imbarazzante, per non dire quasi umiliante. Possibile che dopo un’intera settimana lavorativa debba continuare a STRESSARMI per andare a ballare? Lottare per poter entrare in un locale, di sabato sera, quando VIVAIDDIO esistono alternative queer molto più easy. Vedi il tranquillo, happy e delizioso GLITTER, o lo stesso Sabato del Villaggio. Verità a mio avviso lampanti, tanto da lasciarmi basito. Perché ogni weekend CENTINAIA di persone accettano questo ‘trattamento’, pur di entrare lì dentro. Il perché? Inspiegabile. Ed è qui che casca l’asino. Perché la colpa non è di chi organizza, talmente ossessionato dal mantenere inalterato il ‘fantasma’ del locale passato da non capire che tutto è migliorabile (soprattutto quando è ampiamente possibile), bensì del cliente tipo, che continua inspiegabilmente a farsi prendere per il culo, alimentando di fatto l’intollerabile.
Tu si, tu no, tu forse. Tra grida, braccia alzate, spintoni e look da ‘ho visto cose che voi umani neanche potete immaginare‘.
Un Bordello. Verissimo. Ma del pesce.
Ma anche no, grazie.

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