Abduction: Recensione in Anteprima

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Abduction
Recensione in Anteprima
Uscita in Sala: 7 ottobre
Pubblicata da ME su CINEBLOG

Un progetto inizialmente interessante, tanto da sborsare la bellezza di 10 milioni di dollari per riuscire ad accaparrarsi il ‘nuovo che avanza’, ovvero quel Taylor Lautner diventato un autentico divo nel giro di 24 mesi grazie al boom di Twilight. Se non fosse che Abduction si sia poi trasformato in uno degli action/thriller più ridicoli della storia recente di Hollywood. Massacrato dalla stampa americana e uscito con le ossa rotte dal box office, il film della Lionsgate è un concentrato involontario di gag, a causa di uno script sconvolgente. Per quanto brutto.

Come sia possibile che John Singleton, entrato nella storia dell’Academy come il più giovane regista candidato agli Oscar, alla tenera età di 24 anni, sia potuto finire in questo concentrato di atrocità resta un mistero. Così come attori del calibro di Sigourney Weaver e Alfred Molina possano aver fatto altrettanto, affiancando la più improponibile coppia di protagonisti dell’ultimo decennio. Perché Taylor Lautner con questo titolo è riuscito a far diventare Zac Efron Orson Welles, mentre la sua dolce compagna, Lily Collins, non ha fatto altro che aumentare i già ingombranti dubbi sulla sua prossima pellicola, ovvero Biancaneve di Tarsem Singh

In un sito dedicato alle persone scomparse, Nathan (Taylor Lautner), trova una foto che lo ritrae bambino, scoprendo così che i due che l’hanno cresciuto non sono i suoi veri genitori. Questa scioccante verità porterà Nathan, tra inseguimenti e alto spionaggio, a dover ricostruire il puzzle della sua vera vita pezzo per pezzo, al fianco della dolce vicina, amore adolescenziale finalmente pronto a sbocciare…

Nuovi Sly Stallone cercasi. Ad Hollywood hanno esposto il cartello, con Taylor Lautner principale candidato al difficoltoso ruolo. Perché il lupacchiotto di Twilight, cresciuto in questi ultimi anni a pane e steroidi, è un armadio di muscoli a quattro ante. Se a quei bicipiti ci aggiungete un bel faccino e un’adolescenza passata a fare kung fu, il gioco è fatto. Se non fosse che al buon Lautner manchi totalmente un non piccolo particolare. Il talento. Perché l’espressività del giovane attore è vergognosamente limitata. Qui per la prima volta in carriera protagonista assoluto, Taylor si scontra malamente con una dura ma evidente realtà. Non è ancora pronto. Non è Robert Pattinson, ne’ Daniel Radcliffe. I giovani Potter ed Edward Cullen hanno tutt’altro stampo recitativo alle spalle, e un esplicito talento che qui, in Lautner, manca totalmente o quasi.

Singleton e soprattutto gli sceneggiatori non sono poi venuti incontro alle mancanze del Jacob di twilightiana memoria. Perché Abduction rappresenta ciò che uno script non dovrebbe mai essere. Scontato, banale, mal raccontato, condito di personaggi tagliati con l’accetta e soprattutto infarcito di dialoghi surreali, capaci di far scoppiare una sala intera in grosse grasse risate. Ovviamente non volute. Perché dinanzi ad un villain russo che minaccia di uccidere tutti i tuoi conoscenti e familiari, trasformandoti così nella persona più ‘odiata su Facebook dai tuoi amici’ c’è da alzare le braccia in segno di resa. E chiedere pietà. Una pietà che in Abduction non si incontra purtroppo mai.

Sin dall’inizio la strada malamente intrapresa dai produttori è evidente. Si vuole dare un taglio ‘giovane’ al tutto, provando a dar vita ad un ipotetico franchise alla ‘Bourne Identity’, con protagonista un diciottenne muscoloso e aitante, dal misterioso passato che lentamente torna a farsi sentire. Peccato che dietro le buone intenzioni iniziali ci sia poco o nulla. L’idea di fondo appare interessante, con un ragazzo che di punto in bianco scopre di aver vissuto una vita ‘finta’ e ‘pilotata’, ma il modo in cui viene sviluppata è aberrante, tra personaggi improponibili e scelte a dir poco folli. Per 110 interminabili minuti l’azione partorita da Singleton è sempre poco credibile, grazie anche alla totale inespressività dei due protagonisti. L’alchimia tra Lautner e la Collins non esiste, così come il loro non riuscire a calarsi nei personaggi, talmente mal raccontati da non coinvolgere mai minimamente lo spettatore.

Tra ‘bombe nel forno’, spie ‘freelance’, e padri che ‘non saranno mai papà’, Abduction finisce così per tramutarsi in un esilarante film comico, senza ovviamente averne la minima intenzione, con tanto di finale aperto a possibili sequel, che probabilmente non vedranno mai la luce. Tanto da candidarsi seriamente a trionfatore assoluto dei prossimi Razzies Awards. Perché due attori così, con una sceneggiatura simile e una regia tanto ‘annoiata’, meritano tutte le pernacchie d’oro del caso. All’unanimità.

Voto: 2

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