Rapunzel – L’intreccio della torre: Recensione in Anteprima

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Rapunzel – L’intreccio della torre
Recensione in Anteprima
Uscita in Sala: 26 novembre in 3D/ 3 dicembre in 2D

In principio fu Biancaneve, la madre di tutte le principesse, nel lontano 1937. 73 anni dopo, in CGI 3D, ecco arrivare il 50° lungometraggio animato della celebre Major, con una nuova splendida fiaba, incaricata di riportare in auge quegli indimenticati cartoni animati che per decenni hanno cresciuto intere generazioni. 12 mesi dopo aver riscoperto il piacere del disegno ‘a mano’, con La Principessa e il Ranocchio, in casa Disney hanno dato vita ad un altro classico del mondo delle favole, portando al cinema il mito di Raperonzolo.

Diventato inspiegabilmente Rapunzel per il mercato italiano, il film, diretto a quattro mani dai sorprendenti Nathan Greno e Byron Howar, conquista, affascina, diverte, commuove ed ammalia, grazie ad un’animazione dai colori vivaci e dai disegni talmente perfetti da sembrare ‘reali’, ad un 3D che si gioca tutte le proprie carte sulla profondità, ad una storia celebre ma qui splendidamente raccontata, ad una serie di personaggi comprimari di assoluto livello, a delle canzoni accattivanti, ad una cattiva convincente e a quel tocco di magia che ancora oggi, dopo 73 anni, riesce solamente a quei geni dell’animazione che nell’ultimo secolo ci hanno fatto sognare, tanto da bimbi quanto da grandi.

C’era una volta, in un regno apparentemente felice, una sovrana malata e incinta dell’attesa primogenita. Solo un misterioso fiore, nato da un germoglio del sole piovuto sulla terra, poteva guarirla, facendo nascere la futura principessa, Rapunzel. Un fiore da secoli in mano ad un’anziana, perfida, solitaria ed egoista vecchietta, pronta a tutto per averlo solo per se’. Quando il potere posseduto dal fiore ‘fiorisce’ nella figlia nata dai reali, la donna la rapisce, segregandola all’interno di una torre per 18 lunghi anni. Solo un impavido lestofante, di nome Fynn Rider, aiuterà la ragazza dai lunghissimi capelli magici a scoprire il mondo, facendole indirettamente conoscere se’ stessa…

Azione, emozioni, divertimento, fantasia, magia. C’è davvero un po’ di tutto in questo Tangled, titolo che riporta la Disney nel mondo delle principesse, coraggiose ed impavide, pronte a tirar fuori unghie e pentole da cucina per riuscire ad ottenere quel che vogliono, con le buone o con le cattive. Omaggiando classici come La Bella e la Bestia, con la fantastica scena musicata della taverna, o La Sirenetta, con la struggente e meravigliosa scena delle lanterne volanti a pelo acqua, Nathan Greno e Byron Howar sono riusciti a rimanere fedeli alla ‘tradizione’ animata della casa di Topolino, dando vita ad un vero gioiello.

Grazie ad una serie di irresistibili personaggi apparentemente secondari, come i ’silenziosi’ animali che accompagnano i due protagonisti, ovvero uno straordinariamente comico cavallo ed un simpaticissimo camaleonte dal lato tenero e al tempo stesso sbruffone, privi di ‘parola’ e per questo ancor più unici nel riuscire ad esternare solo e soltanto con la mimica facciale, il film scorre straordinariamente, concedendosi 11 orecchiabili canzoni, non paragonabili ai classici storici ma non per questo da sottovalutare. Musicato dal leggendario Alan Menken (18 volte candidato all’Oscar e 8 volte vincitore, record dei record), in passato padre di capolavori musicali come La sirenetta, La bella e la bestia, Aladdin e Pocahontas, il film ci regala un ‘villain’ che lontanamente ricorda Ursula, piovra tentatrice di Ariel, anche se meno accattivante, ma comunque convincente. Un ‘cattivo’ privo di poteri magici, ma pronto ad usare la lama per uccidere pur di ottenere quel che vuole tenere per se’.

Dosando con cura e grazia azione e romanticismo, in modo da proporsi ad un pubblico adolescenziale assolutamente bipartisan, Rapunzel osa indubbiamente meno rispetto a La Principessa e il Ranocchio, scommessa vinta lo scorso anno ma in partenza assai rischiosa, a causa del ritorno all’animazione classica, con tanto di jazz e principessa nera, aprendo così le porte al 3D e all’ormai conosciuta CGI, qui sicuramente resa meno ’spigolosa’ da un’animazione che definire meravigliosa è dire poco. Se il 3D proietta tutta o quasi la propria attenzione sulla profondità, la luminosità dei colori e della fotografia perde di spessore, come in qualsiasi film tridimensionale, tanto da rendere ancora poco chiaro il ‘perché’ certi cartoon, impreziositi da colori pastello a dir poco brillanti, vengano ‘zavorrati’ da un paio di occhialetti che innegabilmente aggiungono qualcosa, vedi profondità, ma tolgono inesorabilmente altro, vedi lucentezza delle immagini.

Promosso il doppiaggio italico, con Laura Chiatti, Giampaolo Morelli e addirittura Mario Biondi a doppiare tre tra i protagonisti principali, ai quali non si può non aggiungere l’ottima Giò Giò Rapattoni, nei panni della perfida Madre Gothel, Rapunzel conferma l’unicità dei lungometraggi animati Disney, a 73 anni da Biancaneve ancora una volta da ‘favola’.

Voto: 8

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