W la sacerdotessa del rock

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Sublime, maestosa, scalza in scena, di bianco vestita, con un abito trasparente e svolazzante, eterea e dalla pelle candida, capelli rosso fuoco ed una teatralità magistrale, tanto da darle una presenza scenica da applausi (e tutto questo con una penosa scenografia da recita scolastica de 1° elementare e una band che A MIO AVVISO non la valorizza, vedi scadenti Gossip con la strabordante Ditto).
Concerto romano di spessore per la fantastica Florence Welch, voce ed anima dei Florence + The Machine, che ha incantato i presenti ieri sera al Gay Pride dell’Auditorium.
Sul posto, infatti, solo e soltanto ricchioni!
Froci chic però, snob e un po’ radical, mica quelle poracce sgarrupate che se strappano i capelli al primo rutto sintetizza di una Spears qualsiasi. Anche perché lei, sacerdotessa del rock, incanta, ammalia, ipnotizza, conquista, con una voce che dal vivo è addirittura SUPERIORE a quella ritoccata probabilmente in studio per supporti fisici come cd, mp3 e cagate varie.
Scesa da un altro pianeta e arrivata da un’altra era (i sessanta/settanta), Florence è quasi mistica, una divinità in terra, posseduta, sempre sull’orlo di librarsi in cielo, di spiccare il volo e di vomitare dalla bocca e addosso al pubblico un fascio di luce bianca, ritmato ovviamente dalla batteria e cullato dall’arpa. Una strega medievale, capace di farti tuo con il solo suono della voce, una moderna sirena incantatrice.
Bella, bellissima, di un’eleganza travolgente, straordinariamente teatrale, leggermente folle e con una voce a dir poco invidiabile, Florence Welch mi ha fatto suo.
Già l’adoravo, da ieri me ne sono totalmente innamorato.

P.S. preparatevi ad un INEDITO MOSTRUOSO. L’ha cantato in anteprima. Non potete capì che cazzo è…




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