Strano il mio destino…

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E’ una fresca serata d’aprile.
Ho la prima stampa di Agorà, film di Amenabar presentato lo scorso anno a Cannes, finalmente in uscita anche in Italia grazie alla Mikado Film.
E’ un titolo che aspettavo da tempo, che narra la storia di Hypatia di Alessandria, leggendaria astronoma e filosofa inventrice del planisfero e dell’astrolabio. Una donna barbaramente uccisa nel marzo del 415 da un gruppo di cristiani per ordine di Cirillo, vescovo di Alessandria (fatto poi Santo), diventando così una martire del paganesimo e simbolo della libertà di pensiero.
Il Cinema Quattro Fontane mi attende, come sempre arrivo con largo anticipo. La sala è ancora vuota, prendo posto al centro, e mi accomodo. Dopo pochi minuti una ragazza si siede a due posti da me, bloccando quello che ci separa con la giacca, chiedendomi se per caso è occupato. Non essendo occupato, lo occupa lei per un amico.
I minuti passano, le ore 21 si avvicinano, la sala si riempie, fino quando entra un ragazzo.
Un’ansia improvvisa e immotivata comincia a farmi sua. Passo dopo passo, mi sembra di riconoscere quel viso, quel sorriso, quegli occhi.
Non ci posso credere, è lui, è proprio lui, il mio Mario.
Incredulo e agitato mi infosso sulla poltrona, scavandomi la tomba da solo, sperando che non mi veda. Peccato che in quello stesso istante la ragazza a due posti da me alzi un braccio, chiamandolo.
La giacca chiamata ad occupare la poltrona accanto alla mia sta aspettando proprio lui.
Non è possibile, non ci voglio credere, non ci posso credere.
A Roma ci sono 45 cinema, il Quattro Fontane ha 315 posti, e chi cazzo mi devo trovare accanto? Lui!
8 anni dopo avermi lasciato come uno stronzo al Cinema Adriano da solo, al buio della sala, di fronte a Minority Report per andarsene via con uno, ecco che la storia parzialmente si ripete, incredibilmente. Dove mi aveva lasciato mi ritrova.
Mentre percorre la fila per arrivare alla sua poltrona cerco di rimanere impassibile. Calma e sangue freddo. Si siede, mi ha visto, so che mi ha visto. Finge di non avermi visto ma mi ha visto. E’ lì, a pochi centimetri, che parlotta con l’amica, mentre io vorrei semplicemente alzarmi ed andarmene. Ma non posso, è troppo tardi. Faccio così finta di nulla, non volto mai la testa, non giro mai lo sguardo. Mancano pochi minuti alle 21. Quando cazzo inizia questo maledetto film?!? La proiezione tarda, i minuti passano, io son lì che mi tolgo la felpa, me la rimetto, me la ritolgo, incrocio le gambe, le scrocio, mi affosso, mi raddrizzo, controllo il cellulare, inserisco la suoneria, ritolgo la suoneria, mando un sms, mi mangio una gomma, fino a quando ad una ragazza dietro di me squilla il cellulare. Mi giro d’istinto, si gira anche lui.
E’ fatta.
Dopo 10 minuti di ridicolo vedo non vedo, è lì. davanti a me.
Lo sto fissando negli occhi.
“Ah, ma allora proprio sei tu, non ero sicuro che fossi tu”.
E’ lui a parlare. Sorride. Io sono paonazzo. Fingo un ridicolo stupore, a cui non credo nemmeno io, della serie “ma guarda chi c’è”.
Mi saluta dandomi la mano, come si fa tra vecchi, neanche fosse una presentazione, mentre io mi avvicino per baciarlo sulla guancia. Lui tentenna, ma ormai sono a metà strada, devo dargli quel cazzo di maledetto bacio.
E’ cambiato, anche lui è invecchiato. Gli anni passano per tutti. Ma è sempre lui. Dovrebbe avere all’incirca 36 anni.
Mi chiede come sto, che ci faccio lì, ma non faccio neanche in tempo a rispondere che il buio ci avvolge, la proiezione è finalmente pronta a partire, la sala chiede giustamente silenzio.
Lo shock è ormai totale. Non che ne sia ancora innamorato (se mai lo sono stato), anzi, con il tempo l’ho maledettamente rivalutato, ma non ci siamo mai chiariti. Quando lo conobbi ero un “bimbo” di 20 anni, non dichiarato, che solo allora stava iniziando a conoscere ed accettare la propria omosessualità, finendo per perdere completamente la testa per quell’affascinante affabulatore. Poi finì tutto così, improvvisamente, quella notte al cinema, in un limbo di odioso non detto. Ecco perchè mi fa sempre effetto rivederlo, anche se negli ultimi 8 anni è (s?)fortunatamente successo solo altre due volte, ma mai in una situazione così incredibilmente surreale. Ci fossimo chiariti, si fosse chiarito, probabilmente non mi agiterei così tanto alla sua vista.
Due ore e 10 di agonia dopo, nel momento stesso in cui partono i titoli di coda, mi alzo e mi congedo velocemente con un “Ciao Mario, scappo”.
Lui è ancora lì, seduto. Mi risponde con un “Mbè, ma ti è piaciuto?”, con io che, in fretta e furia, gli rispondo con un rapido e sorridente “NI’, non del tutto”, voltandogli finalmente le spalle.
8 anni fa avrei passato giornate intere a commentare un film appena visto insieme a lui. Ieri sera non vedevo l’ora di uscire, prendere a pieni polmoni una boccata d’aria e tornarmene velocemente a casa, per poi passare l’intera notte a tentare di pensare ad altro, senza ovviamente riuscirci.

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