Green Zone: Recensione in Anteprima

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Green Zone
Recensione in Anteprima
Postata da me anche qui
Uscita in sala: 9 aprile

Nell’anno del trionfo di The Hurt Locker Hollywood torna in Iraq per portare in sala ancora una volta la guerra più odiata di sempre negli States dopo il Vietnam. Con Green Zone, però, lo straordinario Paul Greengrass non realizza tanto un film di guerra quanto un fulminante thriller ambientato in una zona di guerra, mischiando sapientemente finzione e realtà, talmente interscambiabili da aver fatto storcere il naso agli americani, che hanno immeritatamente disertato in massa la pellicola.

Perchè esplose la guerra in Iraq? Per le fantomatiche armi di distruzione di massa posseduta da Saddam Hussein, in realtà mai trovate dai soldati americani una volta conquistata Baghdad. Da queste premesse il talentuoso Greengrass, lo sceneggiatore Helgeland, Premio Oscar per L.A.Confidential e candidato alla statuetta per Mystic River, e Rajiv Chandrasekaran, autore del libro da cui è tratto il film, Imperial Life in the Emerald City: Inside Iraq’s Green Zone, sono partiti per costruire il loro adrenalinico thriller di finzione, capace di incollare lo spettatore alla poltrona per 120 minuti, mai noiosi e per questo assolutamente meritevoli di esser visti.

Vinto Berlino con l’indimenticato Bloody Sunday, trasformato un blockbuster d’azione in un blockbuster d’autore con gli ultimi due capitoli della saga di Bourne e stupito critica e pubblico con l’emozionante United 93, Paul Greengrass torna con un thriller spionistico di qualità e quantità, facendo nuovamente centro. Senza mai dimenticare l’immancabile ed onnipresente macchina in spalla, che segue come un’ombra i soldati sul campo di battaglia, sporcandosi di polvere e macchiandosi di sangue insieme a loro, e i propri fedeli collaboratori, con lo strepitoso Christopher Rouse al montaggio, l’eccellente Barry Ackroyd alla fotografia (sua anche quella di The Hurt Locker) e lo stupefacente Dominc Watkins alla scenografia, Greengrass vola altissimo, dando vita ad un piccolo gioiello di genere.

Non un film di guerra, come detto, bensì un incalzante e mirabolante thriller, con complotti interni allo stesso Governo degli Stati Uniti d’America, con Intelligence e Cia pronte ad una guerra interno sullo stesso campo di battaglia iracheno. Una guerra, quella degli States all’Iraq, nata su delle menzogne, sulle tristemente celebri e mai esistite armi di distruzione di massa che Saddam Hussein era ormai pronto ad utilizzare. Una volta conquistata Baghdad, squadre di ricercatori, come quella capitanata da Matt Damon, sono incaricate di trovare le famigerati armi chimiche. Squadre che hanno solo un obiettivo: sgomberare una lunghissima lista di siti nei quali queste sono apparentemente custodite. Indirizzate dall’Intelligence, queste squadre rischiano la vita per riuscire a sgomberare i siti in questione, trovandoli però sempre vuoti. Allora come mai l’Intelligence americana continua a dare loro coordinate fasulle? Chi è la gola profonda che parla con l’Intelligence? E perchè la Cia sta tentando in ogni modo di mettergli i bastoni tra le ruote?

Questi gli ingredienti principali di Green Zone, dove i ‘cattivi’, incredibile ma vero, sono all’interno dello stesso esercito americano, spaccato all’interno tra vere e proprie faide di potere, con un’unica vera arma di distruzione di massa da combattere anche a costo della vita: la verità. Tecnicamente impeccabile, e con una ricostruzione di Baghdad bombardata spaventosa (si è girato in Spagna, Inghilterra e Marocco, ma gli esterni ricreati da Dominc Watkins ci riportano veramente nella capitale irachena del 2003), il film lascia sgomenti per il ritmo e la velocità con cui procede filato, senza prendere mai il respiro, tra sparatorie, inseguimenti mozzafiato, indizi disseminati come granate e bombardamenti. Greengrass, aiutato da un montaggio frenetico e martellante, si affida completamente al suo attore feticcio, Matt Damon, autentico Jason Bourne in Iraq. Come il personaggio che l’ha reso un’icona dell’action, anche in questo caso Damon vuole solo trovare la verità, andando contro i propri stessi superiori e mettendo a repentaglio la propria vita, finendo per affidarsi completamente al proprio innato istinto. Sempre più ‘fisico’ in sala, l’attore conferma ancora una volta le proprie scarse capacità interpretative, regalando poche espressioni facciali, ormai facilmente riconducibili a lui. Con l’elmetto e senza l’elmetto, per dirla alla Sergio Leone. Peccato che buona parte dello star system hollywoodiano ne vada pazzo, affidandogli ruoli sempre più importanti. Per il sottoscritto, lo devo ammettere, il perchè resta un autentico mistero.

Mischiando continuamente le carte, virando dal film di guerra al thriller spionistico e complottistico, Greengrass, che ci porta dentro la famigerata ‘zona verde’, nel cuore di Baghdad, dove la guerra non esiste perchè ‘zona bonificata’, con i capoccioni americani e i giornalisti che sorseggiano cocktail in piscina, ci regala poi un finale al cardiopalma, dove il cinema Made in Hollywood trionfa, affidandosi completamente alla spettacolarizzazione del tutto. Duro, coraggioso, incalzante, violento e quasi credibile, anche se pura finzione nella sua parte più importante ed agghiacciante, Green Zone porta in sala una guerra tanto scomoda quanto odiata negli Usa, rappresentando gli stessi soldati americani come i veri cattivi, bugiardi e pronti a tutto pur di non far uscire a galla le loro menzogne. Motivi validi per boicottare il film, andato malissimo al botteghino statunitense, ma non per colpe proprie. Imperdibile.

Voto: 8

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