Crazy Heart: Recensione in Anteprima

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Crazy Heart
Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 5 marzo
Postata da me anche qui

La mattina del prossimo 8 marzo Jeff Bridges si sveglierà finalmente con il suo primo meritato Oscar sul comodino. Dopo 4 nomination andate a vuoto è ormai certo che nessuno riuscirà a strappare dalle mani del 61enne Jeff il premio più prestigioso per un attore cinematografico, grazie alla sua già storica interpretazione di Bad Blake, vecchia gloria country di questo Crazy Heart. Basato sul romanzo d’esordio di Thomas Cobb, il film, scritto, diretto e prodotto dall’esordiente Scott Cooper, ruota completamente intorno all’attore, strepitosa colonna portante capace di trascinare i tanti pregi ma anche i pochi ma tangibili difetti.

Protagonista della trama è Bad Blake, ormai vecchio cantante country alcolizzato e caduto in disgrazia, chiamato a dover fare i conti con gli errori del passato e del presente, puzzolenti di whiskey e marchiati di solitudine, fino all’incontro con una giovane reporter, che lo porterà ad un bivio definitivo: proseguire su questa distruttiva e dissestata strada o cambiare rotta una volta per tutte

L’ultimo spettacolo, Una calibro 20 per lo specialista, The Contender e Starman. Quattro titoli, quattro nomination all’Oscar, tutte andate a vuoto. Nel 1998, con quel capolavoro assoluto che è Il Grande Lebowski, venne addirittura snobbato. Oggi, Jeff Bridges, grazie ad un “Drugo” invecchiato, imbolsito, ingrassato, meno strafatto ma ancor più ubriaco, è ormai vicinissimo al suo primo personale trionfo. Il suo Bad Blake è spaventoso, è disegnato sul suo volto, sulle sue rughe, sui suoi occhi stanchi, sul suo fisico ormai flaccido, sulla sua voce country, rovinata dall’alcool, dalle sigarette, accese a rotazione, e da una vita di alti e bassi, di fallimenti e di successi, di matrimoni falliti e di figli mai cresciuti, di vecchi saloon sfigati nel caldo texas dove cantare per quattro vecchie adoranti e di nuovi idoli musicali fatti crescere e maturare per poi finire nel triste e cupo oblio.

L’esordio cinematografico di Scott Cooper è sicuramente un esordio interessante. Tipico film targatato a fuoco “Fox Searchlight”, costato ’solo’ 7 milioni di dollari e girato per le calde ed aride strade del Texas, Crazy Heart trae tutta la propria forza da un immenso Bridges, capace di far passare in secondo piano una storia che puzza di ‘già visto e sentito’, assai scontata ed incapace di regalare autentici colpi di scena, particolarmente lenta e purtroppo non eccelsa nel dover disegnare i personaggi secondari. Ambiguo e alquanto vuoto quello di una brava Maggie Gyllenhaal (candidata all’Oscar come Migliore Attrice non Protagonista), giovane reporter con figlio e divorzio a carico, innamoratasi del poco affidabile Bad Blake, inossidabile ‘cowboy dell’amore’; privo di spessore e sfuggente quello di un comunque sorprendente Colin Farrell, autentica giovane star della musica country, cresciuto dal mentore Bad fino ad un misterioso litigio (perchè mai spiegato e quindi poco chiaro), capace di frantumare per sempre un’amicizia che appariva solida; poco preso in esame quello di Robert Duvall, qui anche in veste di produttore, vecchio compagno di sbronze e di pesca, pronto come sempre ad accogliere Bad e la sua musica nel proprio locale di Houston, divorata dalla crisi economica.

Tutto ciò che ruota attorno al personaggio di Jeff Bridges funziona splendidamente. Le sue battute, i suoi movimenti, le sue canzoni, la sua chitarra, le sue paure, la sua solitudine, i suoi sguardi, i suoi sorrisi. Il film è Bridges in tutto e per tutto, inquadratura dopo inquadratura. Peccato che tutto il resto della trama convinca meno, lasciando comunque piacevolmente colpiti, grazie ad un personaggio affascinante, chiamato ad espiare le proprie colpe in solitudine, in presenza della propria chitarra e della propria voce (canta e suona veramente), cercando di fuggire dai fantasmi del passato e dagli errori del presente, inzuppati di alcool e macchiati dal fumo.

Facendo maggiore attenzione alla storia e soprattutto ai personaggi secondari poteva uscirne fuori davvero un mezzo capolavoro. Così ci ritroviamo dinanzi ad un buon film, sicuramente da vedere, e ad un’interpretazione magnifica, assolutamente da Oscar. Accontentiamoci.

Voto: 7 –

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