Tra le Nuvole: Recensione in Anteprima

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Tra le Nuvole
Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 22 gennaio
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Accolto trionfalmente al Festival Internazionale del Film di Roma, candidato a 6 Golden Globe e tra i grandi favoriti dei prossimi Oscar, arriva finalmente anche nei cinema italiani Tra le Nuvole, terzo film del figlio d’arte Jason Raitman. Un figlio che, pellicola dopo pellicola, sta letteralmente seguendo le primissime orme del celebre padre, poi purtroppo perdutosi per strada negli anni, partorendo autentici gioielli. Già applaudito con Thank You For Smoking e Juno, Raitman riesce addirittura a fare di meglio, grazie ad una cinica commedia, tanto attuale quanto impegnata, capace di stappare sorrisi e sentiti momenti di riflessione.

Protagonista incontrastato un sublime George Clooney, sempre più bravo ed ormai autentico mattatore della commedia made in Hollywood di questi ultimi anni. Il suo strabordante ed irresistibile cacciatore di teste, che gira in lungo ed in largo gli States colpiti dalla crisi finanziaria, è un concentrato di difetti e solitudine, mascherata dal sorriso guascone che ormai lo contraddistingue, tanto da renderlo unico nel suo genere.

Che vada rivalutata Diablo Cody? Qui chiamato anche in cabina di sceneggiatura, insieme a Sheldon Turner, Jason Raitman conferma le proprie evidenti ‘responsabilità’ nel suo precedente lavoro, che vide premiata ’solo’ l’esordiente sceneggiatrice, passata dall’essere una spogliarellista ad un Premio Oscar nel giro di poche ore. Tra le Nuvole, infatti, poggia le proprie solide basi su una sceneggiatura di ferro, che cavalca l’attualità, il tracollo dell’economia americana, il crescere della disoccupazione e le difficoltà sempre più evidenti nel riuscire a relazionarsi, in una società ormai dominata e schiacciata dalla comunicabilità virtuale mordi e fuggi.

Spingendo sempre sull’accelleratore dell’eccesso, Raitman porta in sala una storia condita di personaggi forti, che lasciano un’impronta evidente sull’opera tutta, disegnandoli con le proprie debolezze, i propri difetti, le proprie manie e le proprie paure. Ad incarnarli un terzetto di attori che fanno a gara per riuscire a fare meglio dell’altro, ovviamente capitanati da lui, Mr.Clooney, ovvero il meglio che in questo momento Hollywood riesce a partorire, sotto tutti i punti di vista. Il suo Ryan Bingham resterà probabilmente uno dei migliori personaggi da lui interpretati in tanti anni di carriera.

Cinico, affabulatore, solitario, monotono tagliatore di teste, Bingham va in lungo e in largo per gli Stati Uniti d’America, 360 giorni l’anno in viaggio, perennemente in aereo, sempre con il trolley pronto, felicemente pronto. Il suo lavoro? Licenziare! Zero affetti, zero relazioni ed un bagaglio ‘di vita’ volutamente leggero, per non dire vuoto, fino all’incontro con due donne, così differenti tra di loro ma entrambi capaci di colpirlo, di scalfire quel cuore apparentemente inattacabile, facendolo scendere per una volta dalle nuvole alla terra…

Dialoghi brillanti, taglienti, ultimamente raramente visti e sentiti al cinema, capaci di far sorridere e di far riflettere, perchè incentrati sulle relazioni umane e sulle loro conseguenze e perchè attenti a mostrarci quel volto d’America che sofferente, in lacrime, quasi in ginocchio, si ritrova per strada dal giorno alla notte, perchè licenziato da un uomo in giacca e cravatta che, paradossalmente, fa proprio quello come atroce mestiere.

Raitman, che si affida con forza ad un montaggio frenetico, dando un ritmo fulminante al tutto, riesce anche a non cadere nel finale ovvio e fastidiosamente politically correct, facendo tornare il film “up in the air”, dopo una prima parte mostruosa ed una seconda meno riuscita. Ciò che ne resta è un cinico, divertente ma al tempo stesso durissimo affresco della società di oggi, in crisi più con se stessa che con la finanza globale. Da Oscar.

Voto: 7,5

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