Whiteout – Incubo Bianco: Recensione in Anteprima

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Whiteout – Incubo Bianco
Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 2 ottobre
Postata da me anche qui

Dopo averlo tenuto nascosto per mesi e mesi, in casa Warner si sono decisi a far uscire nella sale l’ennesima graphic novel degli ultimi anni, floppando totalmente. La trasposizione cinematografica di Whiteout, novel scritta da Greg Rucka e disegnata da Steve Lieber, raschia infatti il fondo dell’osceno, finendo direttamente nel dimenticatoio. A dirigere il film Dominic Sena, che se da 8 anni non faceva cinema, ovvero da Codice Swordfish, un motivo ci sarà…

Siamo tra le lande desolate e ghiacciate dell’Antartide, ovvero il continente più freddo ed isolato della terra. 6 mesi di oscurità, temperature che scendono in picchiata fino a – 120° e venti che arrivano fino a 100 miglia all’ora. Qui, in una stazione geologica americana, c’è un un unico rappresentante della legge. E’ una lei, è un agente federale, spedita nel bel mezzo del nulla a causa di un tormentato passato. Peccato che a poche ore dal ritorno a casa, il primo omicidio della storia dell’Antartide si abbatta su di lei e sui componenti dell’intera stazione. Un terribile segreto si cela dietro il misterioso omicido, con un serial killer da rintracciare prima che arrivi l’inverno, con le sue mostruose tempeste di ghiaccio e neve, chiamate Whiteout…

Un flop enorme quanto un iceberg. Whiteout al box office americano è passato via rapido come una tormenta di neve. In 10 giorni appena è sparito dalla top10, con meno di 9 milioni di dollari in tasca ed un budget di partenza 4 volte superiore. Massacrato dalla critica, il film si è così praticamente giocato il possibile sequel, visto che la coppia Greg Rucka/Steve Lieber aveva dato vita nel 2000 ad un secondo capitolo legato al personaggio cazzuto di Carrie Stetko, vincendo addirittura un Eisner Award. Sarebbe infatti a dir poco clamoroso rivedere una poco credibile Kate Beckinsale nei panni dell’agente Stetko, splendida in qualsiasi situazione, tormente di neve e ghiaccio a -70° comprese.

La sensazione perenne di prodotto televisivo, in perfetto stile ‘alta tensione’, domina la pellicola dall’inizio alla fine, toccando le vette più alte nei momenti in cui gli effetti speciali dovrebbero venire in soccorso al regista. D’altronde come poter realizzare una storia totalmente ambientata in Antartide tra tempeste di ghiaccio e bufere di neve, senza potersi appoggiare a dei ‘discreti’ effetti digitali? Domanda che si sarà sicuramente posto anche Dominic Sena, che di risposte a quanto pare non ne ha proprio trovate. Dall’imbarazzante disastro aereo iniziale alle pseudo tumultuose scene finali, il supporto degli effetti speciali spesso rasenta l’imbarazzo.

Aiuti che non sono arrivati neanche dalla sceneggiatura, noiosa, scontata e quasi del tutto priva di pathos, fatto non secondario dinanzi ad un titolo che dovrebbe esser classificato come ‘action/thriller’. Innamorato delle aurore boreali, alternate a dei fastidiosissimi ’spiegoni’ e a dei poco apprezzabili flashback, Sena realizza così un prodotto stanco e stancante, giustificando le reticenze in casa Warner, che per mesi aveva rinviato l’uscita della pellicola, annunciando indirettamente la sua discutibile ‘qualità’. Ad affiancare la bella e inappropriata Beckinsale un insipido Gabriel Macht e uno sprecato Tom Skerritt, incorniciato dallo script in un personaggio tagliato con l’accetta.

WhiteOut: Melt, sequel della novel originale, non arriverà probabilmente mai in sala, così come il terzo capitolo, annunciato dai due autori. Dopo aver visto questa prima trasposizione, ce ne faremo sicuramente una ragione.

Voto: 4

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