Che – l’Argentino: Recensione in Anteprima

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Che – l’Argentino

Recensione in Anteprima
Uscita in sala:10 aprile
Postata da ME anche su Cineblog.it

Un mito della rivoluzione. Un’icona del suo tempo, rimasta intatta negli anni. Un uomo con più sfaccettature, portato in sala da adolescente pochi anni fa da Walter Salles con I diari della Motocicletta ed oggi ripreso da Steven Soderbergh in un’opera annunciata come monumentale. Allora aveva il volto angelico di Gael García Bernal, oggi ha quello incredibilmente somigliante di Benicio Del Toro. Semplicemente Ernesto Guevara, detto “Che”…

Presentato integralmente al Festival di Cannes, arriva finalmente in sala la prima parte del film fiume dedicato da Steven Soderbergh ad Ernesto Che Guevara. 3 anni di lavoro, 60 milioni di dollari di budget, un’infinità di materiale ed un film raddoppiato in fase di lavorazione, con l’ambizione di riuscire a portare sul grande schermo anche la ‘nascita” del Che, la trasformazione in guerrigliero, in rivoluzionario, senza però riuscire nell’impresa. Ciò che ne viene fuori da questa ‘prima parte’, infatti, è un quasi insopportabile polpettone di due ore e 10 minuti, vuoto ed eccessivamente didascalico…

Un errore clamoroso. Il progetto sognato e cercato per anni da Steven Soderbergh e Benicio Del Toro, quello di portare Ernesto Che Guevara al cinema, inizialmente si sarebbe dovuto dedicare solo ed esclusivamente all’ultima parte della sua vita. Il film si sarebbe dovuto chiamare Che – Guerilla e avrebbe puntato la propria attenzione sulla decisione, per certi versi clamorosa, da parte del Che di lasciare Cuba per andare a portare la Rivoluzione anche in Bolivia. Continuando a documentarsi, però, Soderbergh e Del Toro hanno raccolto talmente tanto materiale da cambiare idea in corsa. Non potevano tralasciare Ernesto Guevara, prima che diventasse ‘Che’. Non potevano portare in sala questo storico personaggio senza occuparsi anche del passaggio, fondamentale, che trasformò Guevara da semplice medico a guerrigliero rivoluzionario, a “Che”. E così è nato Che – l’Argentino, primo capitolo di un biopic monster.

Peccato che poi Soderbergh e Del Toro si siano affidati alla penna soporifera di Peter Buchman, sceneggiatore con tre pellicole alle spalle che potevano e dovevano essere un serio campanello d’allarme: Jurassic Park 3, Eragon ed Alexander. Su Buchman non può che ricadere la colpa di uno script che per 100 minuti non fa capitare praticamente nulla, se non portare in sala un Ernesto Guevara più Santo che Guerrigliero. Vediamo così un Benicio Del Toro medico, portantino, insegnante di lingua e di matematica, mentore, filosofo, acuto stratega, e comandante, sempre pronto a ricordare ai propri soldati che non si ruba, non si maltrattano nè verbalmente nè fisicamente i prigionieri e che non si picchiano o stuprano i contadini. Solo in un occasione Soderbergh si concede una versione più “credibile” del guerrigliero Guevara, ovvero quando condanna a morte un traditore, negandogli una semplice confessione, suo ultimo desiderio.

Per il resto Soderbergh e Buchman si impegnano con tutte le proprie forze a portare in sala, almeno in questa prima parte, un Ernesto Guevara candido come la neve, mito della rivoluzione chiamato a spodestare al fianco di Fidel Castro il Generale Fulgencio Batista, dal 1952 Presidente di Cuba dopo un colpo di Stato. Per riuscirci alterna quei momenti, dal 13 luglio del 1955, quando Guevara conobbe Raul Castro e suo fratello, Fidel, convincendosi della bontà dell’operazione di guerriglia per rovesciare il dittatore cubano, allo storico discorso che tenne alle Nazioni Unite nel 1964.

Per differenziare i due momenti storici Soderbergh si affida a due stili di ripresa differenti, concedendosi un bellissimo ed isterico bianco e nero per il Che del 1964, ed un colore privo di luci artificiali, ripreso digitalmente, per il Guevara rivoluzionario del 1956, quando Ernesto e Fidel Castro sbarcarono a Cuba. Proprio la fotografia, come spesso capita con il regista di Sesso, Bugie e Videotape, è una delle cose più riuscite della pellicola…

Nel mezzo, sinceramente, tanta noia. Inizialmente è Guevara a raccontare la ’sua’ storia, tramite una voce fuori campo, che poi misteriosamente scompare lungo l’arco della pellicola. Consciuti Fidel Castro e suo fratello Raul, Guevara il 12 novembre del 1956 parte per Cuba, con l’obiettivo di renderla libera dalla dittatura. Solo dopo 3 anni l’Avana sarà in mano dei rivoluzionari. Anni portati sullo schermo in maniera cronologica e disascalica, quasi documentaristica, senza un minimo di pathos o di particolare interesse. Anche i momenti più drammatici risultano ‘finti’ e mal gestiti, per quelli che sembrano 100 minuti a dir poco interminabili. Soderbergh con noiosa accuratezza porta al ciema i duri allenamenti ed i mesi passati dal Che e dai rivoluzionari tra le foreste di Cuba. Fino al finale, a quegli ultimi 20 minuti, quando il film finalmente in parte si riprende.

La ’svolta’ avviene con l’assalto a Santa Clara, ultima fortezza da conquistare da parte del Che e dei rivoluzionari prima dell’attacco finale all’Avana. Qui Soderbergh riesce miracolosamente a risvegliare lo spettatore, grazie ad un’autentica rivoluzione di popolo, impreziosita da un riuscito piano sequenza con un attentato ferroviario. Qui, molto probabilmente, inizia la 2° parte dell’opera, Che – Guerriglia, che già dal nome promette di essere completamente un altro film (o almeno si spera). L’unico film inizialmente pensato, ma ainoi raddoppiato in fase di lavorazione.

Più che una previsione o una certezza una semplice speranza, perchè questa prima parte, a parte lo splendido Benicio Del Toro ed il poco credibile Rodrigo Santoro, ex modello prestato al cinema, nei panni di Raul Castro, è stata solo che un enorme noiosissima e sfiancante delusione. Riuscire a far tornare lo spettatore al cinema per vedere la 2° parte dopo una prima così noiosa? Difficilissimo, se non impossibile

Voto:4,5
Voto al doppiaggio: 2

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