Colpo d’Occhio, Recensione in Anteprima

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Colpo d’Occhio
Recensione in Anteprima
Uscita nelle Sale: 20 marzo

Adrian è un giovane a promettente scultore, ambizioso e desideroso di esplodere nel ricco e patinato mondo dell’arte. Durante una mostra una sua opera viene notata dalla bella e fragile Gloria, fidanzata da sei anni con un rinomato, potente e temuto critico d’arte, un tempo suo ex professore. Tra Gloria e Adrian scoppia la scintilla della passione, con conseguente rottura tra la giovane studentessa e il critico d’arte.

Peccato che proprio Lulli, il critico, si interessi misteriosamente e improvvisamente ai lavori di Adrian, prendendolo sotto la propria ala protettrice, ma al tempo stesso insinuandosi dentro la sua vita. Con la scusa del successo immediato riesce a farlo suo, manipolandolo come un burattino. Gloria guarda con sospetto e con timore al doppio gioco portato avanti dall’ex, fino all’arrivo della consacrazione definitiva del giovane artista, che in realtà cela un misterioso e indicibile segreto…


Ritorno al cinema per Sergio Rubini, con un film di genere, un giallo passionale che strizza l’occhio al noir, con spruzzate di melodramma allo stato puro.
Rubini entra nel mondo dell’arte cercando di descrivere la psiche di chi vuole arrivare a tutti i costi, celando personalità doppie e ambigue. Proprio l’ambiguità è al centro della pellicola, presente in tutti i personaggi, che lottano con le proprie rispettive ombre.
Abbiamo il cinico, calcolatore, subdolo, doppiogiochista, mefistofelico e manipolatore Lulli, interpretato magistralmente dallo stesso Rubini, che dopo aver perso l’amore della propria vita per un altro farà di tutto pur di riaverla, accompagnato da un bastone, da un braccio destro silenzioso e da una misteriosa e fatale collaboratrice, rappresentata con credibilità da Paola Barale.
C’è poi Riccardo Scamarcio, lo scultore promettente, voglioso di esplodere nel mondo dell’arte e per questo incapace di intuire le menzogne del buon Lulli, che, promettendogli fama e gloria, lo porta ad un autodistruzione mentale, e infine c’è lei, la musa ispiratrice del contendere, Vittoria Puccini.
Fragile e dolce metà dall’età di 16 anni del proprio ex professore d’arte, la bella Gloria si infatua di Adrian, scoprendo in lui quel lato artistico che in Lulli, da buon critico, non è mai esistito. E’ l’unica ad intuire il doppiogioco dell’ex fidanzato, ma nessuno finisce per credergi…
Un giallo che si rispetti dovrebbe trarre forza dall’originalità della storia, dai colpi di scena, dalle musiche coinvolgenti, dagli attori azzeccati, da una sceneggiatura ad incastri, da un montaggio adeguato, da un misto di ansia, passione, tensione, suspance e stupore, che, purtroppo, in Colpo d’occhio di Rubini in buona parte latitano.
Promosse le splendide musiche di Donaggio, a partire dal velato omaggio iniziale al Bolero di Ravel, buona anche la regia di Rubini, molto accurata, avvolgente e dal punto di vista prettamente qualitativo più che soddisfacente, con dolly come se piovessero, da cartolina gli esterni d’arte, dal Pantheon alla Biennale di Venezia, ma è proprio la storia a non convincere.
L’inizio del film è inspiegabilmente imbarazzante. Dialoghi da soap, recitazione forzatissima, melodrammatica, spinta all’eccesso, con una relazione clandestina, quella tra Scamarcio e la Puccini, che non viene minimamente svelata o mostrata.
I due si presentano, parlano per 2 minuti e nella scena successiva, senza nessun tipo di collegamento, li troviamo a fare sesso travolti dalla passione! Il film all’inizio corre troppo, riprendendosi leggermente nella parte centrale, per poi riperdersi totalmente nel finale, telefonato e prevedibilissimo.
Dipinto malamente il personaggio della Puccini, che piange praticamente per tutto il film, regalandoci anche un nudo integrale, marchiata a vita da uno pseudo dramma infantile che fa ridere per quanto poco credibile e leggero. Il fatto poi che questo particolare ‘dramma’ diventi una traccia fondamentale lungo l’arco della pellicola, essendo fisicamente presente, finisce per peggiorare il tutto…
Leggermente più credibile Scamarcio, ormai per contratto quasi costretto a scene di sesso con le proprie compagne di set, mentre una spanna sopra tutti resta Rubini, ottimo nel vestire i panni del subdolo e manipolatore critico, con tanto di variazioni vocali, fisiche e mimiche.
Diverse le scene e le situazioni poco credibili, mentre troppi sono i dialoghi che ne seguono le orme. Che qualcuno poi spieghi ai registi che lo ’spiegone finale’ è assolutamente da evitare, soprattutto quando tutto è cosi ovvio che da spiegare c’è davvero poco. Finisce solo per arrivare come un insulto all’intelligenza dello spettatore. Un film incompiuto, che strizza l’occhio al cinema di genere degli anni 70, con alcuni pregi ma con troppi difetti, tecnicamente più che sufficiente ma a livello di plot deludente e davvero troppo prevedibile. Peccato.

Voto: 5

P.S: 1) Scamarcio è un NANO 2) La Barale ha CAMBIATO VOCE… parla come la VANONI.. vi giuro ASSURDO, era da registrarla la conferenza!

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