Quel treno per Yuma: Recensione in Anteprima

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Quel Treno Per Yuma: Recensione in Anteprima
Uscita in sala: Venerdi 19 ottobre


Dan Evans è un onesto contadino, ex tiratore scelto dell’Esercito dell’Unione, tornato a casa dopo la Guerra Civile con una ferita alla gamba che l’ha reso per sempre menomato, con un piccolo risarcimento danni a rendere più lieve il dolore, con la speranza di una vita migliore in un piccolo ranch dell’ Arizona, con moglie e figli.
Ma la terra è arida, la siccità non da tregua, i campi non hanno acqua, Dan si indebita fino al collo per cercare di mandare avanti la famiglia, con il rischio di essere cacciato via, per lasciar passare un treno proprio su quelle terre.

Fino a quando un pericolosissimo fuorilegge incrocia il suo destino.Il temibile e imprendibile Ben Wade, leggenda vivente del crimine, viene finalmente catturato, ma solo ora il gioco comincia a farsi duro.
Ben va scortato fino al carcere di Yuma, con l’intera fedele e spietata banda pronta a tutto pur di liberarlo.
Gli uomini a disposizione per l’impresa sono pochi, Dan intuisce la possibilità di estinguere finalmente il debito, con una ricca paga, proponendosi come volontario per la difficile traversata, in un viaggio verso la stazione di Contention, dove alle 3:10 c’è un treno che aspetta Ben Wade, un Treno per Yuma!

Pubblicato in origine nel 1953, il racconto di Elmore Leonard 3:10 to Yuma venne portato 4 anni dopo sul grande schermo da Delmer Daves.
50 anni dopo James Mangold riprende quel classicone del western, realizzando quello che fino ad oggi è forse il più bel film della stagione!
Mangold aveva appena 17 anni quado vide per la prima volta 3:10 to Yuma, capace di lasciare un’impronta indelebile sulla sua formazione cinematografica, tanto da omaggiarlo palesemente in Cop Land, nel 1997, con Stallone nei panni di uno sceriffo di una cittadina con il compito di dover affrontare un gruppo di poliziotti corrotti di New York.
Son passati 10 anni e Mangold rifà direttamente l’originale, realizzando un western d’annata, come non se ne vedevano da tempo.

Abbiamo tutte le caratterstiche che hanno reso celebre questo genere: il buono e il cattivo, i comprimari, le pistole e i fucili fumanti, i cappelli, le mantelle, le campane, i saloon, i cavalli, gli assalti alla diligenza, i buoi, le battute fulminanti, gli sguardi gelidi, le rotaie in costruzione, i temi della giustizia, della famiglia, dell’amicizia, tutto l’universo western è condensato in 2 ore di pellicola, miscelato poi sapientemente con un tocco capace di renderlo contemporaneo, moderno, innovativo, vivo, aggressivo, sfuggente.
Niente riprese in campo lungo, niente duelli snervanti e infiniti, ma macchine in spalla, primi piani strettissimi, azione e velocità, interni ed esterni utilizzati in egual misura, per un film che probabilmente potremmo definire praticamente perfetto, senza pecche.

Ottimi i dialoghi, misurata e azzeccatissima la caratterizzazione di tutti i personaggi, protagonisti e non, ritmata, coinvolgente e appassionante la colonna sonora, impeccabili le scenografie e i costumi, sorprendente la regia e semplicemente strepitoso il cast.
Russel Crowe e Christian Bale duellano non tanto con pistole e fucili ma a colpi di occhiate ed espressioni facciali, per vedere chi dei due è più bravo a recitare!Assieme sono un mix semplicemente esplosivo, in un rapporto tra eroe – antieroe che da solo vale il prezzo del biglietto.

Da cacciatore a preda, si invertono costantemente i ruoli, fino alla nascita di un’inattesa stima reciproca, capace di sfociare in un finale semplicemente sorprendente ed emozionante.
Crowe è un fuorilegge assolutamente atipico: affascinante, saggio, intelligente, un gentiluomo, un killer a sangue freddo, carismatico, privo di rimorsi, una leggenda vivente, da ammirare quasi con devozione, come capita al figlio di Bale, Will.
Bale è invece un padre ed un marito onesto, ferito in guerra, incapace di riuscire a far propria la stima del figlio, ammaliato dai racconti che narrano storie di pistoleri giustizieri, così differenti da un padre apparentemente codardo, riluttante alla ribellione, al farsi rispettare e per di più zoppo.

La classica storia di un uomo, un eroe americano, costretto dalla vita a mettersi alla prova in circostanze quasi impossibili da superare, contro un altro uomo e contro se stesso, pur di ottenere quel rispetto che ogni figlio dovrebbe avere per natura nei confronti del proprio padre.
Dietro i due assoluti protagonisti abbiamo poi un cast di contorno in stato di grazia: dall’insuperabile Peter Fonda fino al sorprendente Ben Foster, spietato e perfido come pochi altri cattivi negli ultimi anni sullo schermo, passando per William Evans, il figlio di Bale, espressivo ed emotivo, e Alan Tudyk, visto recentemente in un ruolo irresistibile in Funeral Party.
Mangold realizza un vero e proprio gioiello, allontanandosi dai clichè del western, infarcendo la pellicola di lunghissimi e fantastici dialoghi tra Crowe e Bale, necessari per portare a compimento la totale introspezione psicologica dei due.

Diverse sono le concessioni prese rispetto alla pellicola originale, come il far diventare il viaggio tra Contention e Bisbee parte fondamentale, e non marginale, del racconto stesso, o aggiungere personaggi inesistenti, come quello di Peter Fonda, o dare più importanza ad altri, come quello di Williams Evans.
Attraverso un’America che si costruisce, sull’orlo di una svolta epocale, tra banditi, violenza, prepotenze, corruzioni, taglie, binari, treni e stazioni, Mangold da vita ad un western che statene certi, farà la voce grossa ai prossimi Oscar.

Imperdibile per tutti i fans del genere, ma consigliabile anche a chi, come me, il Western, escluso Leone, non l’ha mai particolarmente amato.
Ecco perchè questo voto credo proprio che parli da solo…

Voto:8

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