‘Voi non potete donare il sangue, siete gay’ – l’incredibile denuncia di un lettore

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Non voglio aggiungere nulla perché c’è poco da dire dinanzi all’incredibile denuncia che arriva da un lettore del blog, umiliato nell’ospedale del proprio Paese solo e soltanto perché omosessuale. Leggere per credere. Anche questa è l’Italia.

Mi chiamo Antonio Schimera, ho 32 anni e sono omosessuale.
Ti scrivo per raccontarvi come una donazione volontaria di sangue presso il reparto immuno-trasfusionale dell’ospedale S.Caterina Novella di Galatina possa essere diventato per me e per il mio compagno, oggi, un momento di inaspettata umiliazione. Da tempo ormai siamo entrambi donatori e ci sottoponiamo ciclicamente in varie strutture (di recente anche in questa) alle donazioni volontarie di sangue non avendo nessun tipo di patologia che possa impedirci di farlo. Stamattina dopo il primo colloquio il responsabile del reparto comunica che “anche se è increscioso non si può procedere con il prelievo” in quanto sia il mio compagnio e sia io per lui siamo “soggetti a rischio”. Alquanto sbalorditi e umiliati chiediamo spiegazioni in merito a questa decisione e il dottore ci comunica di aver ricevuto una segnalazione circa la nostra omosessualità e che in quanto omosessuali, “per prudenza”, non si può procedere al prelievo. Esterefatti e non capendo il valore di queste motivazioni chiediamo di parlare con il direttore sanitario dell’azienda ospedaliera e di visionare la normativa che legifera su questa materia estromettendo dalle donazioni i soggetti di natura omosessuale. Il Dottore così procede a scartabellare impacciato alcuni documenti datati 2001 e 2005 e a sottoporci un opuscolo di circa 100 pagine dove, secondo il suo parere, erano enunciate tutte le motivazioni di questa estromissione. Indignato faccio presente che è pressoché impossibile visionare un simile corpo di documenti nell’immediato chiedendogli gentilmente di indicarmi il punto preciso dove sono riportati i soggetti su cui grava il divieto di donazione. Di conseguenza ci indica, alquanto incerto, un paragrafo in cui vengono enunciati tra i tanti casi quello che secondo lui riassumeva la nostra posizione ovvero “comportamento sessuale a rischio (candidati donatori il cui comportamento sessuale lo espone ad alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili con il sangue)”. Come se un omosessuale fosse più a rischio di contrarre malattie infettive di un eterosessuale… come se necessariamente omosessualità facesse rima come promiscuità. Offeso faccio presente al medico la mia indignazione certificando di avere una storia stabile da 11 anni con la stessa persona. Il Dottore si rifiuta di procedere comunque con la donazione adducendo motivazioni infondate, non certificate, basate sul suo libero arbitrio. Decidiamo di allertare le forze dell’ordine chiamando il comando dei carabinieri della città di Galatina. Nel frattempo chiediamo ad un’infermiera:
1) chi ha segnalato la nostra omosessualità visto che la viviamo apertamente convivendo da 11anni ma non l’abbiamo mai scritto sul muro dell’ospedale. Capiamo che la segnalazione partiva da lei essendo dello stesso paese del mio compagno.
2) motivazioni reali circa il diniego del medico.
Con una certa ingenuità ci dice che vorrebbe risparmiarci il prelievo visto che le volte precedenti il sangue è stato buttato perché, a suo dire, “alcune malattie possono insorgere anche dopo dieci giorni dal prelievo”. Trasecoliamo e allibiti aspettiamol’arrivo dei carabinieri che una volta arrivati in ospedale parlano con il medico e ci comunicano che neanche loro possono procedere a farci fare il prelievo perché non è loro compito e perché non ravvisano alcun tipo di razzismo e di pregiudizio sessuale. Chiediamo, sempre con garbo, visto che non si può fare nient’altro di chiedere al medico di certificare su carta le motivazioni per cui la nostra donazione è stata rifiutata. Chiara la risposta delle forze dell’ordine: non è possibile. Se si vuole procedere con una denuncia ci aspettano in caserma. Per fortuna avevamo una registrazione audio della contestazione operata dal Dr. nei nostri confronti. Decidiamo allora di chiedere autonomamente al medico una documento che certifichi il suo diniego sulla base delle motivazioni riportateci. Con sorpresa ci dice che ora il prelievo si può fare e che ha ricevuto delucidazioni dagli alti organismi della regione con cui era al telefono. Ovviamente abbiamo donato. Rimane che una violazione di sangue spontanea, fatta per donare al prossimo una prospettiva di vita sera, non possa essere filtrata attraverso il pregiudizio, l’ignoranza e l’inciviltà di certi medici, l’arbitrarietà anticostituzionale dei giudizi di certe persone. Si perde la voglia di dare, si perdono le certezze e aumentano le paure. Morale della favola: anche la biologia e la medicina sono diventate oggi un semplice punto di vista.

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