Tutta la vita Davanti: Recensione in Anteprima

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Tutta la vita Davanti
Uscita in Sala: 28 Marzo
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Una laurea in Filosofia con lode e abbraccio accademico non bastano alla giovane Marta per trovare spazio in una società coreografata a ritmo di Grande Fratello e jingle motivazionali, tanto da portarla in un mondo tanto surreale quanto reale, quello dei call center, regno sovrano del precariato moderno.
Qui, tra giovani telefoniste lobotomizzate, danze motivazionali, sms mattutini, premiazioni e penitenze, scopre la violenza psicologica, l’abuso, il ricatto e lo sfruttamento perpetrato nei confronti di centinaia di giovani, laureati e non, costretti a vivere con l’incubo di un lavoro precario, con tutta una vita davanti, paradossalmente preclusa a 25 anni, tanto da risultare mostruosamente paradossale…

Ritorno al cinema per Paolo Virzì, dopo il flop di Napoleone. Un ritorno importante, d’autore, clamorosamente contemporaneo, con un film durissimo, al limite del surreale e del grottesco, volutamente eccessivo, che non risparmia ne salva nessuno, a tratti feroce, ironico, commovente, divertente, cinico e terribilmente reale.
Virzì porta in scena una società, quella italiana, rovinata dall’incubo della precarietà, della disoccupazione giovanile, del futuro incerto, dei laureati costretti a dover andare a lavorare in un call center, a 400 euro al mese, senza diritti ma solo con obblighi da dover rispettare, pena il licenziamento.
Una società dove i sindacati predicano bene ma razzolano male, dove si parla molto ma si concretizza poco, in un film che non si piange addosso, non si autocommisera, non si regala nulla, dimentica il politically correct, disegnando un’universo di personaggi dove tutti sono vittime.
Marta è una giovane ragazza, colta, senza pregiudizi, che dall’Università si ritrova catapultata in un viaggio verso l’Inferno della sottoccupazione, che rappresenta l’Italia di oggi. Dopo decine di colloqui trova lavoro solo come baby sitter e come centralinista part time in una surreale quanto veritiera azienda, che commercializza un moderno pseudo elettrodomestico.
Qui, assieme a decine di altre ragazze come lei, viene mentalmente stuprata, con tanto di lavaggio del cervello quotidiano, da una cinica capo telefonista, interpretata da una perfetta Sabrina Ferilli, a suon di jingle aziendali, premi mensili e ricatti psicologici di ogni tipo.
Dal giurassico mondo universitario Marta si ritrova così catapultata un un grottesco quanto pazzo ambiente lavorativo, dove tutto è portato all’estremo e all’eccesso. Come Hannah Arendt, suo mito e oggetto di tesi, Marta si ritrova a non giudicare mai all’apparenza, a non fermarsi alla banalità del male, in un mondo dove alla fine, anche i cattivi, finiscono per essere vittime.
Virzì tutto questo ce lo racconta con coraggio, mischando i generi più disparati, strizzando l’occhio addirittura al musical, finendo per portare in scena una commedia disarmante per quanto forte e purtroppo attuale. A raccontarci la storia, come fosse una favola, la voce narrante di Laura Morante, quasi manzoniana ed extradiegetica, visto che è totalmente estranea alla storia.
Splendida protagonista della pellicola è Isabella Ragonese, già vista in Nuovomondo, così candida da essere quasi fumettistica nella rappresentazione del proprio personaggio, fino all’esplosione emotiva del finale.
Il suo opposto è Sonia, interpretata da una sorprendente Micaela Ramazzotti, ragazza madre, ignorante, facilona, incapace di pianificare una vita fatta di responsabilità. Il terzo personaggio femminile è quello di Daniela, capo telefonista, vera e propria Dark Lady, portata sullo schermo magnificamente da una ritrovata Sabrina Ferilli. Cinica fino al midollo, vive una vita tutta sua, vero personaggio borderline, convinta che il proprio capo, Claudio, prima o poi lasci la moglie per lei.
A vestire i panni di Claudio, con una perfetta entrata alla Giulio Cesare, è Massimo Ghini, capo arrivista, con a carico matrimonio fallito e famiglia distrutta. Chi cerca di combattere questo mondo, con le proprie armi, è Giorgio, il sindacalista idealista che parla di mobbing, interpretato dal solito perfetto Valerio Mastrandrea.
Cast perfetto ed affiatatissimo, sceneggiatura brillante, regia notevole, soprattutto dal punto di vista tecnico, con movimenti e punti macchina di assoluto livello, il film è uno spaccato perfetto quanto amaro dell’Italia di oggi. Quella stessa Italia che vive di Grande Fratello e si ritrova a dover scappare all’estero per fare carriera. Quella stessa Italia che guarda con nostalgia alle manifestazioni sindacali del passato, vecchio ricordo in bianco e nero finito in qualche sbiadito e impolverato album fotografico. Quella stessa Italia che ancora oggi, giustamente, si affida a quegli stessi sindacati, incapaci però di rappresentarla come in realtà dovrebbero…
Virzì tutto questo ce lo porta sullo schermo dimenticando la banalità e l’ovvietà del problema, aiutato da una periferia in costruzione che sembra distante anni luce dalla Roma che solitamente viene rappresentata al cinema, con un finale ‘femminile’ commovente e generazionale.
A tratti eccessiva la voce narrante della Morante, così come spesso quasi fuori luogo la colonna sonora ‘gigionesca’ di Franco Piersanti, il film arriva nel bel mezzo di una campagna elettorale, improvvisa quanto inattesa, combattuta anche sul campo del precariato.
E se davvero l’unica soluzione possibile per risolvere il ‘problema’ resta quella di ’sposare un milionario’, come da qualcuno suggerito, lo spaccato amaro, eccessivo, cinico, grottesco e quasi apocalittico disegnato da Virzì finirà per sembrare ancora più reale e concreto di quanto già non sembri di suo, anche con tutta una vita davanti da vivere…

Voto:7

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