Giornalista gay tenta il suicidio in carcere: ‘non rimandatemi in Uzbekistan’

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 010703485-4097ae0b-bf1e-4180-b8b0-51a2829cb9d2Meglio la morte che l’omofobia.
Questa la sconcertante verità in arrivo dalla Russia, quando un giudice ha deciso il rimpatrio del giornalista gay Hudoberdi Nurmatov, noto come Ali Feruz.
Dinanzi alla sentenza, Hudoberdi ha preso una penna e ha provato a tagliarsi le vene.
«Preferisco morire piuttosto che tornare lì».
Nurmatov è uno dei collaboratori di “Novaja Gazeta”, quotidiano indipendente russo che ha scoperchiato nelle ultime settimane l’omocausto ceceno.
Arrestato a Mosca con l’accusa di avere violato la legge russa sull’immigrazione, Ali Feruz, questo il nome con cui firma i propri pezzi, si è subito dichiarato innocente, in quanto diplomato in Russia e con mamma, sorella e fratello cittadini russi.
Nel 2008 le prime torture, a cui sono seguiti tentativi su tentativi di poter tornare in Russia, dopo l’infelice esperienza Uzbeka.
Con l’espulsione dal Paese, Nurmatov finirà automaticamente in carcere, perché la ‘sodomia’ in Uzbekistan è considerata fuorilegge.

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